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ROMA. FESTA DELLA LIBERAZIONE: CENSURATA”BELLA CIAO”.

Nel giorno della festa della Liberazione dall’occupazione nazifascista tornano i fantasmi di un passato oscuro e violento, ritorna la censura nei confronti di intellettuali, artisti, scrittori e infine la scure del revisionismo storico cala su uno dei simboli della Liberazioe:”Bella Ciao”.

BELLA CIAO DEI MODENA CITY RAMBLERS PER NON DIMENTICARE LA FESTA DELLA LIBERAZIONE DALLìOPPRESSIONE NAZIFASCISTA.

La denuncia del clima che si respira in questi ultimi mesi può essere riassunto in poche righe: “Non mi imprigionaro i fascisti, non mi deportarono i fascisti, non mi uccisero i fascisti, ma furono il vicino di casa, il macellaio, il bottegaio, il fruttivendolo e l’estraneo perchè essi stessero erano fascisti. Respiravano l’aria fascista, indottrinati dalla cultura fascista, che li rese sordi al richiamo della libertà e della democrazia. In ognuno di essi albergava l’infamia, la follia della violenza fascista e ognuno si trasformò nel boia di qualcun altro”.

Bene questo clima lo hanno respirato in molte piazze d’Italia nel giorno della Liberazione. Ad Asti, piccolo capoluogo piemontese di provincia, conosciuto per le colline coltivate a vigneti, il buon vino, le sagre paesane e il Palio, nel giorno della Liberazione, qualcuno ispirandosi all’infamia della censura, la stessa che ha impedito a scrittori e intellettuali di intervenire in RAI sul 25 aprile, ha deciso di non intonare “Bella Ciao” alla partenza del corteo del 25 aprile.

L’ANPI ha denunciato la mancata esecuzione del brano insieme al divieto alla bandadi suonarlo.

Nel giorno della festa della Liberazione, il 25 aprile 2024, alla banda cittadina sarebbe stato imposto di non suonare la canzone simbolo della Resistenza.

Bella Ciao dopo il tentativo di cancellare la storia della Resistenza con la censura del brano simbolo della Liberazione è stato successivamente eseguito tre volte, ma solo dopo la denuncia della censura e la rischiesta di intervento delle istituzioni.

Il vice presidente Anpi Guido Cardello alla Stampa, redazione di Asti, ha commentato. “Non sentendo suonarla ho chiesto chiarimenti al responsabile della banda i quali mi ha detto di aver ricevuto l’ordine tassativo di non eseguirla dall’Ufficio Manifestazioni del Comune”.

L’Anpi ha chiesto chiarimenti alla vice sindaca Stefania Morra: “Direttiva mai partita dal Comune”.

Per intonare il canto simbolo della rsistenza e della Liberazione dall’ oppressione del nazifascismo, in paese che continua a procclamarsi democratico, è dovuta intervenire l’intercessione della vicesindaca e della Polizia municipale:”in corso Alfieri la canzone partigiana ha iniziato a risuonare”.

Ma l’episodio non è isolato perché già lo scorso 25 aprile(2023) erano nati dei contrasti tra la banda cittadina e l’Anpi. In quell’occasione avevano deciso di suonare la canzone del Piave, che con la Resistenza e lotta al nazifascismo non c’entra nulla in alternativa a “Bella Ciao”, che invece ne è il canto simbolo.

Il maestro della banda Sandro Satanasi sulla ricostruzione di Cardello replica:”Non ne so nulla”. Ma allora perché non intinarla nella manifestazione della festa della Liberazione?

La manifestazione cittadina è stata particolarmente partecipata, sopratutto da giovani, e forse questi motivi abbietti qualcuno tenta di censurare la storia della Resistenza per riscriverla a proprio piacimento, uso e consumo: “lo chiamano revisionismo storico”.

Molti sono stati i giovani cheahnno partecipato al corteo del 25 aprile. Manifestazione che ha l’intento di restituire all’Italia quella dignità che ogni giorno viene calpestata da un governo di nostalgici impegnato a ridurre gli spazi di libertà e di democrazia senza avere il coraggio di definirsi fascista.

Alla manifestazione una primavera di colori tra garofani rossi, fazzoletti tricolori, bandiere, presente la bandiera della Palestina, associazioni, partiti e sindacati.

Le polemiche nazionali non potevano non essere ricordate dal palco della manifestazio: Durante il suo intervento Cardello ha puntato il dito contro il Governo Meloni ed esponenti politici rappresentati da questa destra: “Antifascismo non è una parola divisiva e bisogna riuscire a pronunciarla, ma l’importante è che la maggior parte degli italiani invece dichiari di essere antifascista”.

Nell’anniversario dell’uccisione del partigiano Remo Dovano, operaio della Way Assauto, arrestato, torturato e ucciso dai fascisti nel ‘44, aveva scritto alla fidanzata Laurana Lajolo, già direttrice dell’Istituto storico per la Resistenza. Parole che risuonano nellaria e che hanno il sapore della libertà: “Ti invio queste ultime rose rosse che si trasformeranno in tante gocce di sangue, affronto la morte con serenità”.