Racconto senza titolo nella nebbia del porto
pubblicata da Giuseppe Amato il giorno venerdì 6 novembre 2009 alle ore 21.59
RACCONTO SENZA TITOLO NELLA NEBBIA
‘ DEI VICOLI DEL PORTO
Racconto di Andrea e Giuseppe Amato
Personaggi:il lupo,la papera,l’asino,la pecora e il
topo detective con il fido cagnone Bernardo,
il coyote e la faina,la banda dei cinghiali e Ombra nera
i più ricercati
Era una notte buia la nebbia avvolgeva la città
ed i vicoli erano frequentati da loschi individui
pronti a sfoderare coltelli e pistole.
Il lupo vecchio frequentatore di galere e osterie malfamate si era appostato nell’angolo del vicolo
più buio,la papera gli faceva da palo aspettando la
prossima vittima.
Il topo detective nel suo ufficio lo scantinato di
un palazzo fatiscente da demolire, fumava nervoso
camminando su e giù per la stanza,Bernardo
fido segugio, se ne stava seduto in un angolo della stanza rosicchiando un osso appena recuperato
nel bidone della spazzatura,fuori nella strada,nella nebbia,dove d’improvviso il topo udì dei passi fin
sulle scale,si affacciò,ma non vide nessuno,le scale
erano buie, umide,scivolose impossibile inseguirlo
chiunque egli fosse.
L’osteria dell’asino era poco più in là frequentata da ladri e taglia gole di tutte le razze,nessuno osava entrare la dentro se non era anch’egli come loro.
La pecora era una persona molto per bene non
aveva paura di girare sola la sera nei vicoli bui del
centro,quella sera si trovava casualmente nel vicolo
del lupo e vista la papera che faceva da palo non le
ci volle molto a capire che cosa stessero aspettando,
ad un cenno della papera il lupo saltò fuori dal vicolo,
incappucciato e con un lungo coltello,la pecora
per nulla intimidita disse:”non credo proprio che per
voi sia una buona serata”il lupo udendo quelle parole
rimase esterrefatto e un po’spaventato,chi era costei
che osava sfidarlo?La pecora aveva un vestito di seta
rosa ed una pelliccia bianca candida come fosse appena
stata tosata,in mano aveva una borsetta rosa e guanti di
seta bianchi anch’essi e ai piedi stivali di cuoio foderati
di pelliccia bianca;gli abiti del lupo erano lisi e non
potevano certo accostarsi a quelli della pecora,ma egli
non ci badava anzi era convinto che il gilet di finta pelle,
la camicia con le maniche arrotolate e i pantaloni neri
alla marinara facessero di lui un provetto furfante.
Ritorniamo al nostro detective che ancora alle prese
con il suo caso non si dava pace:chi era sulle scale?
perché era fuggito senza lasciare tracce?e perchè non
aveva lasciato nessun messaggio?Decise di uscire
dalla sua tana,il posto più improbabile dove recarsi
era l’osteria dell’asino,ma era anche il più vicino e
quindi vi si avviò,arrivò all’osteria che la notte era
ancora più nera di quando era partito,entrò e intorno
a lui il chiassoso ridere,schiamazzare e brindare ad
improbabili buoni affari che all’improvviso diventò
silenzio.
Il silenzio che avvolse l’atmosfera dell’osteria era cupo
minaccioso,topo non fece molto caso al ronzio e a che il
vociare e lo schiamazzo si erano trasformati in sussurro.
Si avvicinò al bancone e senza girarsi a guardare gli altri
avventori si rivolse all’asino:”Ei tu ciuco oste della
malora dammi da bere che ho la gola secca”,l’asino
bestemmiò e inveì contro il topo poi senza quasi
muoversi fece scivolare sul bancone un boccale di
birra per il detective,il Topo bevve,ma senza fretta,
sapeva che quella era una notte lunga,molto lunga,e
che il suo caso non si sarebbe risolto così in fretta.
La canaglia nel locale intanto aveva ripreso a schiamazzare,
sembrava che non gli importasse più di quella presenza tanto
ingombrante,l’oste prese coraggio a due mani prima imprecò
poi chiese al topo come mai fosse da quelle parti,il topo annuì
senza scomporsi, si girò e diede una lunga occhiata, quasi
distratta, ai suoi avventori e di nuovo la ciurma si zittì,gli
sguardi si incrociavano qualcuno accennò a una reazione,
ma subito rinunciò:”gli affari propri sono più importanti di
quelli di un compare che neanche conosce o che è meglio
non conoscere”.
Il locale era stato scavato nella collina di tufo e roccia le pareti
erano grigie e impregnate di odori,il fumo denso come la nebbia,
acre come le ciminiere delle fabbriche intorno,il puzzo del pesce
ricordava il porto lì vicino con il suo via vai di barche di pescatori
e navi.
In un angolo quasi nascosto alla penombra di una lampada ad olio
seduti al tavolo,la faina e il coyote confabulavano sottovoce,
di tanto in tanto la faina lanciava un sguardo al nostro detective e
rideva,il coyote nelle calze rotte,bucherellate come una gruviera,
aveva nascosto un serramanico sempre pronto all’uso,i due
continuarono a discutere per ore d’avanti a due boccali di rame
lavorato riempito con vino della peggiore qualità.
La faina e il coyote erano dunque seduti al
tavolo dell’osteria,trincavano e parlottavano
dei prossimi colpi da mettere a segno o come
l’ultimo che gli fruttò un bel gruzzolo,ma anche
qualche annetto di galera,in una cella umida e
sudicia con la cucina e il gabinetto a pochi
passi uno dall’altro.
Nelle patrie galere di sua maestà la Regina
i due furfanti conobbero Ombra nera e la sua
ciurma e a loro si unirono per una grande
evasione di massa.
Questo era il piano,innanzitutto scavare una
galleria che dalla grande cella li portasse nel
cortile,poi con delle corde avrebbero scalato
il muro di cinta,una volta fuori dalla galera
ad attenderli c’era l’asino cioè l’oste,si perché
anch’egli faceva parte della ciurma di pirati di
capitano Ombra,che li avrebbe portati al sicuro.
Evadere da quella prigione vecchia piena di
crepe e di fori aperti dalle cannonate delle
battaglie che nel tempo si erano succedute fu
un gioco da ragazzi,ad aspettarli come previsto
c’era l’oste che li nascose tutti nel carro sotto e
dentro le botti opportunamente svuotate.
Arrivati al porto si impossessarono di un veliero
veloce di proprietà della marina reale,che
ribattezzarono galeotto,lasciato momentaneamente
incustodito dai suoi marinai,eh sì fu proprio un colpo
di fortuna!!!
L’asino faceva il basista della banda pirati,lui non viaggia
per i mari ormai da molti anni,da quando nell’ultima
battaglia perse una la mano destra e la gamba sinistra.
In quelle condizioni capite era difficile combattere caricare
le pistole e il cannone,decise che era più utile a terra come
oste pronto a dare ospitalità alle canaglie e nasconderli
se era il caso.
L’ultima battaglia avvenne al largo delle Canarie,era una
giornata limpida,il sole splendeva alto nel cielo,il mare così
piatto da somigliare ad una coperta stesa su letto appena
fatto,trasparente al punto che si potevano distinguere i
pesci che vi nuotavano,tra i pesci anche alcuni squali poco
rassicuranti,si muovevano nervosamente,elettrici quasi
sapessero quello che sarebbe accaduto da lì a poco .
Il pennone di una nave mercantile iniziò ad intravedersi
all’orizzonte,la preda giusta per le canaglie dei mari,
l’occasione per fare provviste di cibo e oggetti preziosi.
La nave avanzava lenta la linea di galleggiamento era
stranamente bassa:”la stiva è piena fino al limite” pensò Ombra,
il pirata di guardia in cima all’albero maestro controllava e
riferiva tutti i movimenti sulla nave da predare.
Capitano Ombra era per natura molto sospettoso
e quella preda era un boccone troppo facile,che avrebbe
fatto venire idee appetitose a chiunque compreso lui;
la seguirono per molte miglia con la bandiera piratesca
ammainata per non destare sospetti.
Il mercantile con il suo carico di uomini e merci
ignaro del pericolo continuava la sua navigazione,
a bordo la vita scorreva serena molti marinai erano
impegnati in mansioni di routine,altri di riposo
leggevano alcuni scrivevano alle fidanzate a casa,
mentre altri ancora giocavano a carte.
Il capitano della nave seguiva le manovre e fumava
la pipa nella cabina di comando.
Ombra continuava a seguire la sua preda e preparava i piani
per la battaglia,il pirata di guardia sul pennone lo
teneva aggiornato sui movimenti del mercantile.
Sull’oceano intanto iniziava a calare la sera,il sole scese
sulla linea dell’orizzonte colorando il tramonto,poi
iniziò a salire la nebbia e la luce si offuscò, l’acqua
si incupì e lentamente ad agitarsi,e i pesci scomparvero
come per incanto.
Una figura prima incerta poi sempre più nitida si stava
avvicinando al galeotto,la pinna sul dorso non lasciava
dubbi e la mole enorme creò una certa apprensione tra
i pirati,fece velocemente alcuni giri intorno al veliero poi
scomparve sott’acqua per ricomparire qualche attimo dopo
un po’più in là,d’improvviso virò velocemente e si diresse
verso la nave,urtò contro una scialuppa di salvataggio che
poi azzannò mandandola in mille pezzi;i pirati affacciati
sul bordo della nave indietreggiarono al punto che il galeotto
iniziò a oscillare,i marinai sbalzati da una parte all’altra caddero
a terra,alcuni in mare e scomparvero per sempre.
Con il favore delle tenebre Ombra preparava l’assalto
al mercantile,dispose che fossero caricati i cannoni,ma
che le botole restassero chiuse fino all’ultimo minuto per
non destare sospetti,anche l’asino caricò il suo canone a
prua e attese paziente che la preda fosse a tiro,la ciurma
non impegnata ai cannoni si preparò per l’arrembaggio
nascondendosi inginocchiati lungo i fianchi del veliero.
Il mercantile continuava lento la sua navigazione,a notte
fonda con i favore del buio e della nebbia fitta galeotto
si avvicinò velocemente alla nave e quando fu a tiro con
un colpo preciso l’asino ne abbatté l’albero maestro,
il galeotto si affiancò alla nave e senza dare ai nemici
il tempo di reagire,si aprirono le botole e iniziò un fitto
cannoneggiamento,fu una battaglia violenta,le cannonate
si contarono a decine ed il mercantile venne ben presto
sopraffatto,il galeotto si avvicinò ancora per andare
all’arrembaggio della nave quando improvvisamente
fu investito da una valanga di fuoco,i colpi sparati da
una distanza tale che neppure riuscivano a vederne il
punto di partenza.
La furia di quei colpi era tale che la nebbia prima fitta
ora iniziava a diradarsi e la sagoma immensa di una
cannoniera,accorsa in aiuto del mercantile,iniziava
ad intravedersi all’orizzonte.
Combattere contro era un suicidio e perciò Ombra
diede ordine di battere in ritirata intanto la cannoniera
continuava incessante a martellarli,un colpo centrò
il cannone di prua mandandolo in mille pezzi e con
esso la mano destra dell’asino e l’onda d’urto lo fece
letteralmente volare in mare.
L’asino combatté contro le onde alte fino ad aggrapparsi
ad una cima del galeotto e mentre i suoi compagni lo
aiutavano a salire a bordo,incuranti delle cannonate
che continuavano a esplodere tutto intorno,
ad un tratto come risorto dagli abissi degli inferi la pinna
dello squalo tagliando velocemente l’acqua si diresse
verso di loro:sferrò un attacco con la bocca aperta,la mascella protesa
all’esterno e i denti affilati come rasoi,un altro e poi ancora,
il nostro asino riuscì miracolosamente ad evitarli e lo squalo
si inabissò,sembrava ormai fatta quando ricomparve proprio
sotto la nave ,con un balzo afferrò la gamba dell’asino sotto
il ginocchio e con uno strappo se l’ha portò via.
L’asino combatte tra vita e la morte per molti giorni,con
febbre alta e farneticanti allucinazioni, poi lentamente iniziò
a riprendersi fino a guarire dalle ferite,molto tempo dopo
completamente ristabilito decise di abbandonare il galeotto e
la sue avventure piratesche,con il bottino accumulato
in anni di saccheggi aprì l’osteria rifugio di manigoldi
e disperati di ogni genere.
La faina e il coyote approfittando di una
sosta nei mari dell’Africa centrale se la diedero
a gambe,l’idea di lanciarsi in battaglia faccia a
faccia con il nemico non era la loro specialità,
essi piuttosto preferivano agire con l’inganno,
il sotterfugio,l’astuzia e la perfidia.
Il coraggio non era mai stato il loro punto forte,
ma la codardia sì,loro preferivano approfittare
delle prede altrui e non si erano mai curati di
essere additati come vigliacchi,il loro incontro
non fu casuale,madre natura gli diede una mano.
Ricordo era inverno,la neve era caduta abbondante
sulle montagne intorno e non c’era nulla da
predare,la fame iniziava a farsi sentire e la pancia
vuota non li aiutava certo a ragionare;uno sparo
improvviso squarciò il silenzio e l’eco risuonò
per tutta la montagna intorno fino alla pianura.
La faina fu la prima a correre in direzione dello
sparo pensando che dove ci fosse un cacciatore
sicuramente c’era anche una preda e se la preda
fosse stata abbastanza grande nessuno glie ne
avrebbe negato una parte.
Il coyote era molto più lontano,lui non amava il
freddo delle montagne,preferiva crogiolarsi al
sole e rosicchiare gli ossi di qualche carcassa,
però la fame si era fatta stringente e non ne poteva
più così anch’egli si avviò in direzione dello sparo
ben deciso a reclamare una parte del bottino.
Ben presto arrivarono in prossimità dello sparo,
nessuno dei due si era accorto dell’altro,ma entrambi
furono sorpresi e spaventati alla vista della enorme
preda e ancora di più dalla banda dei cinghiali che
l’aveva abbattuta.
La banda dei cinghiali era in assoluto la più
pericolosa e sanguinaria delle gang che
infestavano la zona,mai nessuno era sfuggito
alla loro ferocia e alla loro vendetta,questo la
faina ed il coyote lo sapevano benissimo e
rubare loro quella succulenta preda voleva dire
quasi certamente la morte per loro.
I due iniziarono comunque ad avvicinarsi quatti
quatti,silenziosamente e con lentezza per non farsi
scoprire la fame era più forte della fifa e la codardia.
Ma ad un tratto i due si ritrovarono naso a naso,
sbiancarono dalla paura,fuggirono entrambi l’uno in
direzione opposta all’altro,dopo qualche metro si
arrestarono la fame era ormai padrona dei loro
destini.
La faina e il coyote si studiarono a lungo,e a lungo
studiarono la preda e i cinghiali,ripresero ad avvicinarsi
alla preda senza mai staccarsi lo sguardo di dosso,nessuno
dei due si fidava dell’altro,continuarono così fino ad una
piccola collinetta di neve dove i due si acquattarono per
controllare meglio la situazione.
I cinghiali banchettavano e infierivano sulla carcassa della
loro preda,i loro musi erano rossi di sangue e le zampe
sprofondate nella neve,era quasi notte quando sazi si
distesero per riposarsi e per poi ricominciare a mangiare.
A notte fonda i cinghiali decisero che ne avevano abbastanza,
si allontanarono abbandonando la preda ormai ridotta a
brandelli,i due attesero ancora a lungo prima di avvicinarsi
e servirsi della loro parte,fu battaglia tra di loro mangiavano
e si azzannavano tra loro per rubare il pezzo migliore,alla
fine ne ebbero abbastanza e si avviarono insieme verso valle
dove era più facile sopravvivere.
Qualche tempo dopo essere scesi in città
la faina e il coyote si resero conto che sfa-
marsi era molto più difficile di quanto
potessero immaginare,i cassonetti dell’im-
mondizia per quanto pieni venivano razziati
da ogni genere di animali,ratti,topi,gatti e cani
si contendevano il diritto di servirsi per primi
le leccornie contenute nei cassonetti.
Quella sera la fame si faceva sentire lo stomaco
dei due furfanti brontolava particolarmente,
erano giorni che non masticavano nulla e la
disperazione aveva sostituito la proverbiale
vigliaccheria.
La disperazione li portò nelle vicinanze di
un ristorante il profumo del cibo che usciva
dalle cucine era una provocazione troppo
forte perché i due potessero resistere,uno
sguardo furtivo per scoprire che il campo
era libero,in cucina non c’era nessuno nean-
che i cuochi,era l’occasione che aspettavano
e un attimo dopo erano dentro,ma mentre rovi-
stavano nella dispensa udirono dei passi.
I due si precipitarono fuori,ma trovarono la
porta sbarrata da un energumeno alto due metri
con in mano un coltellaccio da cucina e dall’altra
il suo vice,faccia d’angelo,così chiamato perché
ebbe la sfortuna un giorno di avere un diverbio
con il capo dei cinghiali,fu un attimo e quello
gli fece un taglio che andava da un orecchio all’altro.
La faina ed il coyote erano ormai in trappola
e già immaginavano di diventare pietanza per
i commensali del ristorante d’improvviso si aprì
la finestra per le ordinazione e i due vi si infilaro-
no,scivolarono per terra,si rialzarono e ripresero
la fuga saltarono sui tavoli seminando lo scompi-
glio tra gli avventori poi finalmente furono fuori
con il cuore in gola e le gambe che ancora tre-
mavano di paura,per qualche attimo si nascosero in
un angolo del vicolo poi si avviarono verso l’osteria
dell’asino dove avrebbero trovato sicuramente rifugio.
La bravata, però non era sfuggita ai cinghiali che
proprio quella sera erano scesi in città per una
delle loro scorribande,li avevano riconosciuti e li
avevano seguiti sicuri che i due li avrebbero potati
fino al capitano Ombra,intanto i due erano arrivati
all’osteria si sedettero e ancora ansimando di paura
raccontarono all’oste la brutta avventura,questi li
ascoltò poi versò loro da bere.
Qualcun altro ebbe modo di ascoltare la storia dei
due furfanti ed anche se aveva voglia di strozzare i
due traditori con le sue mani decise di aspettare
i due potevano ancora essergli utili,così Ombra
restò ben nascosto nella stanza segreta dell’osteria
i suoi ricordi ritornarono a quel maledetto giorno
in cui l’asino per colpa di quelle due canaglie fu
assalito dallo squalo:Ombra aveva ordinato,dopo
il primo attacco dello squalo, alla faina e al coyote
di stare di guardia e dare l’allarme se fosse ritornato,
ma dopo la prima bordata di colpi di cannone si
imboscarono lasciando che l’asino caduto in acqua
da solo combattesse contro quel mostro.
Intanto fuori dall’osteria i cinghiali erano appostati
per aspettare che i due uscissero dall’osteria vi
rimasero fino all’alba poi al sorgere del sole si
ritirarono nei boschi,ma decisi a ritornare la notte
seguente,l’oste chiuse osteria ,lasciò che i suoi
ospiti restassero a dormire sulle panche di legno
del locale e raggiunse Ombra nella stanza segreta
sul retro del locale.
Intanto nell’osteria l’asino e capitano ombra continuano
a discutere su che cosa fare dei due traditori,e così
facendo i ricordi del capitano ritornano alla sua infanzia.
Il capitano ombra era il figlio d’arte i suoi genitori erano
anch’essi corsari al servizio del regno e per conto
dello stesso predavano navi mercantili straniere e fu
così fino al giorno che vennero catturati dai loro nemici.
Quel giorno i corsari erano in attesa di un mercantile
carico di spezie provenienti dall’estremo oriente,la nave
corsara si era appostata nelle vicinanze dell’arcipelago
delle Canarie,ben nascosta tra le anse
L’asino e il capitano Ombra erano molto legati
tra loro.L’asino per molti anni ha fatto da padre
al capitano Ombra e quando si incontrano nella
stanza segreta dell’osteria ricordano insieme le
mille avventure che hanno vissuto insieme.
Ombra chiede spesso all’asino di raccontargli
dei suoi genitori di cui egli ha solo ricordi fram-
mentati e confusi,l’asino spesso,mentre racconta
dei suoi compagni e di tutte le avventure che con
loro ha vissuto,piange e tra i singhiozzi racconta
dell’ultima volta che ha visto i genitori di Ombra:
quel giorno la nave corsara partì da un porto
delle Canarie per una missione non molto pericolosa,
una di quelle di routine,arrembare una nave mercantile
e trafugare il suo carico di spezie e tessuti pregiati.
Il capitano Ombra a quel tempo aveva tre anni i suoi
genitori avevano deciso di portarlo con loro,lo
sistemarono al sicuro nella loro cabina e lo lasciarono
alle cure della tata,un donna di colore che avevano
liberato da una nave schiavista alcuni anni prima e
che era poi rimasta con loro;mollati gli ormeggi
la ciurma iniziò le manovre per uscire dal porto,
alcune ore dopo erano in navigazione a caccia del
mercantile.
Il mercantile diretto in Inghilterra e trasportava un
carico di preziosi per ordine della corona inglese,
aveva già compiuto un lungo viaggio passando dal
Madagascar nell’oceano indiano e risalendo poi
l’oceano Atlantico.
I corsari invece navigarono verso le isole di Capo
Verde per attendere l’arrivo della loro preda
tutto sembrava facile e lo doveva essere se qual-
cuno non li avesse traditi;intanto mentre erano
in navigazione dal porto di Gibilterra partirono
una cannoniera scortata da alcune navi veloci,
anch’esse in direzione delle isole di Capo Verde.
La nave corsara giunta in prossimità delle coste
ormeggiò ben nascosta tra le anse si due isolotti
e lì attese l’arrivo del mercantile lontano ancora
alcuni giorni di navigazione,ma anche la flotta
Inglese era in arrivo.All’alba del terzo giorno il
Corsaro di vedetta intravide il pennone dell’albero
maestro del mercantile,era lì a mezza giornata di
navigazione ,i corsari rimasero fermi e ben
nascosti perché per la riuscita dell’operazione
era necessario cogliere la nave di sorpresa.
L’attesa terminò alcune ore più tardi la nave era
ormai vicina e i corsari decisero di muoversi per
arrembarla,le manovre divennero febbrili si issò
a bordo l’ancora,si spiegarono le vele e la nave
corsara iniziò a muoversi prima lentamente poi
sempre più veloce fino a giungere in mare aperto
e iniziare l’inseguimento,però nessuno aveva pre-
visto l’arrivo della flotta Inglese che scorto la
nave corsara non esitò ad aprire il fuoco con i suoi
cannoni mentre le navi appoggio cominciarono ad
inseguire i corsari.
I corsari scoperti tentarono la fuga virando verso
l’interno delle isole quasi a cercare rifugio tra gli
scogli,ma le più piccole e veloci navi Inglesi non
mollarono la presa e come segugi a caccia della
volpe fiutata la preda non smisero di darle la caccia.
La cannoniera intanto andò a posizionarsi in mare
aperto dove era più facile controllare le uscite delle
isole.
Il capo dei corsari sentendo avvicinarsi la fine
ordinò all’asino e alla tata di abbandonare la
nave e di portare con loro il piccolo Ombra,
pochi attimi per fermarsi e scaricare i tre e poi
ricominciare la fuga,ma prima di riprendere la
navigazione si fece promettere dall’asino che
non sarebbe tornato indietro qualsiasi cosa fosse
accaduta e che si sarebbe preso cura del piccolo
Ombra.I tre scesi dalla nave risalirono il costone
e mentre i corsari si allontanavano videro avvici-
narsi le navi nemiche,si rifugiarono prima tra le
rocce e poi in una caverna dove un lungo sentiero
portava dall’altra parte dell’isola,ci volle tempo
per attraversare l’isola da una parte all’altra,la
profondità e lo spessore delle pareti non permetteva
di udire che cosa accadeva fuori,solo a tratti si
sentivano rumori sordi,ovattati,lontani.
Quando furono all’altro imbocco della caverna
capirono ciò che era accaduto,il mare era colorato
di rosso e c’erano cadaveri di corsari ovunque sulla
acqua , la loro nave era semiaffondata ed incendiata,
l’asino iniziò a cercare con lo sguardo i corpi
dei genitori di Ombra senza riuscirvi,sperò allora
che si fossero messi in salvo.
Ombra d’improvviso scoppiò in lacrime ed indicò
alla tata la cannoniera che si allontanava e sul penno-
ne dell’albero maestro i suoi genitori legati mani e
piedi e guardati a vista dai marinai di sua maestà,
di loro non si seppe più nulla e ai tre non resto altro
che nascondersi per molto tempo prima di potersi
mettere al sicuro.
In un altro angolo,ma quasi al centro della sala,sotto
ad un soffitto basso ad arco di mattoni rossi sedeva
la pericolosa banda dei cinghiali,giocavano a carte
e schiamazzavano,parlavano ad alta voce,fumavano e
tracannavano boccali di birra come fosse acqua;un po’più in
là sedevano alcune avventrici truccate e con i capelli lunghi
e cotonati, incuranti di tutto quel baccano.
All’ingresso del locale in una posizione che gli permettesse
di controllare tutti gli angoli del locale era accucciato
Bernardo guardava attento tutti,però senza darlo a vedere,
di tanto in tanto sbadigliava sollevando il grosso testone che
poi lasciava ricadere a terra sulle zampe pelose.
Intanto fuori nella strada la pecora aveva ancora a che fare
con la papera ed il lupo,i due non osavano attaccarla,ma
neppure volevano recedere dai loro propositi criminali,
la borsetta rigonfia più che mai era una attrazione fatale
per i due,che però sapevano essere un grande pericolo
perchè quella sera i vicoli pullulavano di sbirri a
caccia di un pericoloso ricercato,che approfittando
della spessa nebbia che circondava il carcere era evaso
calandosi con le lenzuola attorcigliate dal muro di cinta
della galera.
La nebbia che avvolgeva i vicoli del Porto era così fitta
da rendere tutto irreale e le navi che scorrevano lente
sull’acqua quasi non si vedevano,ma si sentiva in
lontananza il fruscio sulle onde che si alzavano e
correvano verso il molo,il silenzio all’improvviso si ruppe
come di incanto dal frastuono della sirena di una nave che
si avvicinava lentamente alla banchina.
Pochi minuti dopo l’attracco della nave si sentì un vociare
e rumori di passi che velocemente scendevano dalla nave
erano i marinai in libertà, in libertà dopo mesi passati
sull’oceano,i marinai chiacchieravano allegramente qualcuno
parlava della fidanzata che fremente attendeva il suo ritorno,
qualcun altro di quello che avrebbe fatto fino al prossimo
imbarco,altri senza parlare andarono direttamente all’osteria
dell’asino.
La nave aveva fatto un lungo viaggio dalle indie fino al nostro
porto e le avventure non erano mancate :ad esempio quando
furono sorpresi dalla tempesta tropicale.
La nave sbalzata tra le onde come un guscio di noce
nello stagno, le cui acque venivano agitate dallo sguazzare
di anitre felici con la loro prole in primavera,oppure quella
volta nel mare delle filippine dove furono assaltati dai pirati
per predarli del loro prezioso carico di spezie e preziosi.
L’allarme fu dato da un marinaio di guardia che
insospettito da strani scafi, non esitò a far suonare
l’allarme della nave,tutti i marinai si posero in guardia
pronti a difendere la loro nave dall’assalto dei pirati,
fu battaglia con colpi di cannone,crepitio di mitragliatrici e
il lancio di razzi fecero da sfondo a quella notte stranamente
luminosa,stellata,e poi quella strana foschia che faceva
somigliare i pirati a fantasmi grigi senza colori,i loro
volti cerei e le loro armi confuse nel il buio della notte
soltanto le esplosioni coloravano il cielo di mille colori
come fuochi d’artificio,ma questi fuochi colorati non
erano innocui tanto che alla fine della battaglia molti
marinai dovettero ricorrere alle cure dell’infermeria.
L’avventura si concluse nel porto d’attracco,dove
la nave fu ormeggiata in attesa di essere scaricata
del suo carico;intanto l’equipaggio sbarcato dalla
nave, in meno che non si dica, si era disperso nei
vicoli del porto,qualcuno a caccia di avventure,
qualcun altro a bere un bicchiere di vino,altri a
raccontare queste avventure al bancone
dell’osteria a poco interessati e improbabili
ascoltatori,però basta poterlo raccontare
e tanto basta;se poi si racconta di tesori di inestimabile
valore,all’osteria dell’asino,pur facendo finta di niente
c’è chi è molto attento e interessato al racconto
dei marinai:“senti,senti”disse la faina al coyote,
”interessante” rispose il coyote.
Una nave piena di spezie e oggetti di valori era un
argomento interessante per i due manigoldi e se poi
nessuno è a guardia dei tesori in essa contenuti la cosa
si fa ancora più interessante.
In meno che non si dica faina e coyote erano fuori
dall’osteria,con passo leggero, ma deciso si avviarono
verso il porto alla ricerca della nave del tesoro,evitarono
gli sbirri nascondendosi negli androni delle case,
evitarono anche il lupo, la papera e la pecora,
poi d’improvviso eccola là maestosa con ancora i segni
della battaglia,i fori aperti dalle cannonate dei pirati
erano porte aperte per i due e una cima che unisce
la nave al molo è un buon ponte per salire a bordo.
I due si guardarono e decisero che quello fosse
il momento giusto per dare l’assalto alla nave,si
arrampicarono lunga la corda come funamboli
ed entrarono nella stiva della nave.
La stiva era molto grande ed alcuni sacchi erano
squarciati dalle violente esplosioni delle
cannonate altri appena sfiorati ne lasciavano
trasparire il contenuto,faina guardò coyote ed
entrambi esclamarono “dove sono i tesori nascosti”?
Si guardarono di nuovo e poi tentarono un inutile
quanto improbabile fuga perchè decine di poliziotti li
avevano accerchiati,non restò che arrendersi,i due
erano caduti nella trappola che i poliziotti avevano
teso al criminale Ombra Nera.
All’osteria intanto nessuno o quasi aveva fatto a caso
alla sparizione di faina e coyote,i marinai si erano
prima avvicinati e poi seduti al tavolo delle ragazze
truccate e cotonate e a loro si accingevano a raccontare delle
avventure di cui erano stati protagonisti e anche di
quelle che avevano solo sentito raccontare,come ad
esempio quella del capitano Ombra nera che da solo
aveva sbaragliato l’intera flotta di sua maestà la regina:
era un freddo giorno d’autunno inoltrato,il mare
era in burrasca e le nubi all’orizzonte non lasciavano
presagire nulla di buono,il capitano Ombra sapeva che
la flotta reale lo inseguiva ed era ad un giorno di navigazione
dal suo galeotto.
Ombra e la sua ciurma non avrebbero potuto combattere
con gli inseguitori perché erano molto più numerosi e i loro
cannoni avevano una potenza di fuoco mille volte superiore.
La giornata volgeva al termine e Ombra aveva
un buon vantaggio sugli inseguitori,ora ci voleva
un miracolo che con l’aiuto della notte avrebbe
rivolto a suo vantaggio le sorti della battaglia,
e ancora una volta la sorte gli fu amica,giunto nelle
vicinanze delle isole del sud mentre la nave veleggiava
tra la barriera corallina e gli scogli che emergevano
dal mare scese fitta e impenetrabile la nebbia.
Il capitano conosceva molto bene questi mari e vi si era
nascosto molto spesso e le isole gli avevano dato
rifugio e ospitalità,ma questa volta era diverso la flotta
di sua maestà era decisa a farla finita con il capitano Ombra e
nulla e nessuno avrebbe contrastato i loro propositi.
La flotta apparve sulla linea dell’orizzonte interamente
occupata dalle sagome delle navi ,si avvicinava lenta, e
minacciosa allungava la sua ombra sull’acqua che
la nebbia fitta non riusciva a oscurare:”la sorte della battaglia
era segnata senza sparare neppure un colpo di cannone”
pensò capitano Ombra,poi colto da disperazione decise
che valeva la pena tentare l’ultima carta,meglio morire
da corsaro,che penzolare dal pennone dell’albero maestro
della ammiraglia di sua maestà.
Il galeotto fece finta di fuggire,la flotta lo inseguì
tra gli scogli,poi zigzagò tra le anse della barriera
corallina e quando tutte le navi della flotta furono
cadute nella trappola il galeotto invertì la marcia e a
tutta velocità si lanciò contro gli inseguitori,questi
ultimi non compresero il folle gesto di Ombra,
spararono con i loro cannoni,il galeotto si insinuò
tra le navi nemiche,le sfiorò e le speronò,ma non sparò
neppure un colpo e neppure si fermò mai ,il tempo e la
velocità erano la sua salvezza.
Le navi della flotta continuarono a sparare all’impazzata
senza accorgersi che le cannonate andavano a segno,
ma contro altre navi della flotta stessa;in breve la battaglia
ebbe fine,il galeotto era passato indenne tra le navi nemiche
ed era ormai lontano protetto dall’oscurità e dalla nebbia
che ancora una volta gli era stata amica ed alleata.
In realtà non andò proprio così e qualche tempo dopo
Ombra fu catturato in un porto non molto lontano e
rinchiuso nelle galere del regno ove vi rimase fino a questa
notte.
Il capitano Ombra è sempre stato molto scaltro e
principe dei travestimenti,può nascondersi in un
angolo , come un camaleonte confondersi
nell’ambiente circostante,trasformarsi in giocoliere
o in guardia senza che nessuno possa sospettare
la sua vera identità,nessuno, tranne il detective
suo acerrimo nemico.
La taverna si era riempita fino all’inverosimile,
gli schiamazzi ora rendono impossibile parlare,
il fumo crea una coltre così fitta che l’aria è irrespirabile,
il vino scorre a fiumi e i marinai brindano con le
ragazze ormai ubriachi e con la testa che
sembra essere stata messa in un centrifuga,
ma non importa ciò che vogliono e dimenticare
i rischi ,le paure e l’attrazione per l’oceano,che li
attira e li respinge,li inorgoglisce e li intimidisce,
li fa sentire maturi e bambini allo stesso tempo.
Il tavolo dei cinghiali è l’unico a cui gli avventori evitano
di avvicinarsi e se qualcuno per errore vi si accosta
il capo cinghiale accenna un sorriso mostrando i denti
simili a lame affilate e taglienti,che alla sola vista farebbe
impallidire il più audace dei leoni.
La banda dei cinghiali preferiva vivere lontano
dal centro abitato a loro non piacevano le persone
e alla gente non piacevano loro.
Rissosi sempre pronti a sfoderare le fauci come
coltelli e a vendicarsi dei torti subiti veri o
semplicemente presunti,ma a loro non importava
quale fosse la verità,non gli interessava e
basta.
La banda viveva di razzie,predavano tutto ciò
che avesse valore e poco gli importava chi fosse
la vittima,una volta si racconta che addirittura
avessero rubato il tesoro della regina,casse piene
di dobloni e oggetti preziosi ed è da allora che
sono i più pericolosi ricercati del regno.
Ma veniamo ai fatti,un giorno arrivò in porto
un galeone della marina di sua maestà dopo
che era stato impegnato in una furibonda battaglia
molte miglia a nord in pieno oceano,i danni che
aveva riportato erano molto evidenti e alcune
falle apertesi proprio sopra la linea di galleggiamento
ne impedivano la navigazione.
La banda dei cinghiali quella sera era scesa in città
e subito si era recata all’osteria dell’asino per
dissetarsi e bagnare la gola secca,seduti al solito
tavolo un po’ in disparte e con le orecchie ben tese,
pronti ad afferrare ogni parola,ogni sussurro che
potesse essergli utile per mettere a segno un colpo.
La banda dei cinghiali è dedita ad una caccia
speciale,non come faina e coyote oppure lupo e
papera,loro vanno alla ricerca di tesori perduti
scavano montagne,scandagliano fondi marini,
prosciugano le fogne,sono spietati con i loro
nemici e questo li rende pericolosissimi,non
si può sfuggire alle loro lame quando attaccano e
non c’è nascondiglio sicuro quando cacciano;
questa notte,però,sono stranamente sornioni giocano
a carte,brindano,parlano,solo quando sorridono mostrano
le loro fauci.
Il topo detective sa bene che questo non è un buon segno,
non è nel loro costume essere così mansueti,così poco
inclini alla rissa,senza mostrare le loro lame e senza
farle tintinnare sotto il naso di qualche sventurato,
i suoi sospetti non sono privi di fondamento e prima
che arrivi l’alba ne avrà le prove.
Intanto fuori a qualche metro di distanza lupo e
pecora si fronteggiano,ora più che mai la situazione è
in una fase di stallo,l’aggressore ha in mano una lama
che luccica nel buio,illuminata solo dalla flebile luce
di un lampione ad olio,la nebbia nasconde la sagoma
della papera appostata un po’ più in la,pronta ad intervenire
se lupo dovesse avere la peggio oppure se arrivano gli sbirri;
la pecora sembra sicura di se, tiene lupo a distanza e quando
cerca di avvicinarsi fa un piroetta e lo colpisce con i calci
e con la borsetta.
La banda attese l’oscurità,col favore delle tenebre
scesero al porto,uno dei cinghiali si fermò in un
angolo buio a fare da palo,pronto a dare l’allarme
al primo segno di pericolo,gli altri si avviarono
sulla banchina verso il galeone.
Approfittando dell’oscurità si calarono e raggiunsero
a nuoto il fianco della nave,attesero molti minuti in
acqua fino a che si presentò l’occasione
propizia per salire a bordo, questa si presentò
con il cambio della guardia.
Due cinghiali si arrampicarono lungo il fianco della nave
fino alla stiva dove era custodito il prezioso carico,
il quarto si preoccupò di procurare una scialuppa e
portarla sotto uno degli squarci della nave all’altezza
della stiva.
In silenzio,molto rapidamente senza che nessuno si
accorgesse di ciò che stava accadendo,caricarono sulla
barca tutto ciò che poterono e si dileguarono nell’oscurità.
Il mattino seguente durante un controllo le guardie scoperto
il furto e diedero immediatamente l’allarme, bloccarono,ma
invano tutte le uscite della città,i cinghiali erano ormai
lontano al sicuro nei boschi.
Le autorità sguinzagliarono decine di sbirri alla ricerca degli
autori del furto,ma nonostante le forze in campo le indagini
si dimostrarono vane,della banda non vi era più traccia.
Fu così che la banda si guadagnò la fama di imprendibili ed
anche una bella taglia sulla testa,che avrebbe guadagnato chi
li avesse catturati.
Il lupo non sa come aggredire quello che si è dimostrato
un osso più duro di quanto pensasse,non può fuggire
perché qualche vicolo più in là ci sono gli sbirri e perché
perderebbe il dominio di quella parte di territorio,che in
breve diverrebbe terra di nessuno e quindi motivo di scontro
tra bande:”ci vorrebbe una soluzione pacifica suggerì il lupo
alla pecora,potremmo riporre le armi e indietreggiare
ognuno fino all’angolo opposto”,la pecora accettò e così
posero fine a quella situazione incresciosa.
La notte volgeva al termine,nei vicoli le voci si spegnevano,
si confondevano nella nebbia con lo sbattere dell’acqua
contro la banchina del porto,l’alba faceva capolino e il
sole bucava la nebbia che lentamente digradava all’orizzonte,
le barche dei pescatori facevano rientro in porto dopo una notte
passata in mare a pesca.
L’osteria dell’asino lentamente si svuotava,i marinai
barcollando uscivano abbracciati alle ragazze con
il trucco ormai sfatto e i capelli spettinati,la banda dei
cinghiali se ne era andata via da un pezzo,restava solo
il topo con il suo fido Bernardo.
Il detective infine decise che ormai era tardi e già
assaporava l’idea di una dormita ristoratrice,
uscì dall’osteria salutando con un cenno l’oste e
con lo schiocco delle dita svegliò il fidato
collaboratore,che nel frattempo si era addormentato;
fuori nella via topo si aggiustò il cappello,alzò
il bavero del cappotto chiuse lo stesso coprendosi
il petto, pensò tra se e se che quella era stata
una notte tutto sommato molto proficua, e che
per le sue indagini ci sarebbe stata un’altra notte
buia e avvolta nella nebbia umida a fare da sfondo
a quei vicoli,a quel porto e alle sue navi piene
di avventure vere o presunte.
Devi effettuare l'accesso per postare un commento.