Mese: luglio 2019

RAVENNA. LA POLIZIA SCORRAZZA SUL MOTO D’ACQUA IL “TROTA” DI SALVINI. TUTTO NORMALE NEL PAESE DEI MORALISTI IPOCRITI.

La storia non è nuova, dai voli di stato, ai privilegi della moglie che percorre corsie riservate alla vendita delle frontiere italiane allo straniero, ma se a scorrazzare sulla moto d’acqua della polizia fosse stato il figlio di Matteo Renzi e non quello di Matteo Salvini orde di barbari sui social avrebbero inneggiato alla guerra civile contro l’elité nemica del popolo.

Ormai siamo convinti che troppa gente giudica no un fatto, ma chi lo ha compiuto. L’ipocrisia che fa vomitare: condannare o assolvere e giustificare basandosi sulla simpatia o peggio sui propri interessi particolari del momento.

La differenza di valutazione che sta dietro interessi personali inconfessabili, differenze di valutazione per comodità d’uso, falsità alla luce del sole neppure troppo nascoste, ma anzi osannate sull’altare dell’ ipocrisia che vuole colpevoli sempre gli “Altri”, i diversi, i negri, i migranti, le zecche rosse dei centri sociali, ma ultimamente anche il Partito Democratico sta subendo la stessa sorte sull’onda dell’antipatia che i social hanno creato intorno alla figura di Matteo Renzi.

La vicenda che ha coinvolto il ministro,Matteo Salvini, deve partire proprio da queste valutazioni perché partire da qui serve a far luce su un sistema di privilegi che se da una parte servono a condannare un uomo,Matteo Renzi, dall’altra ne fanno una vittima,Matteo Salvini, reo di aver voluto far divertire il figlio 13 enne nella giostra della moto d’acqua della polizia messa a disposizione da chi, ma non si capisce bene chi. E nonostante troppo spesso lo stesso Matteo Salvini si sia scagliato contro l’utilizzo della polizia come autisti di scrittori scomodi, accompagnatori di Magistrati esposti alle vendette delle mafie, badanti di ex anziani presidenti della Repubblica, flotte aeronavali a disposizione della famiglia Renzi oppure dei migranti per i quali è finita la pacchia e resta solo la morte nel cimitero chiamato Mediterraneo, ma forse bisognerebbe partire proprio da qui per osservare che la vicenda che vede coinvolto il ministro dell’interno Matteo Salvini e suo figlio a bordo di una moto d’acqua della Polizia di Stato sono solo la punta di un iceberg che fa vedere solo la punta di un sistema di corruzione ben più radicato e difficile da combattere. In Calabria pare che almeno 3000 voti siano transitati da Forza Italia alla Lega, ma chi ha interesse a far eleggere il “nordista odiatore dei meridionali” al posto di un forzista, quale è stato il ruolo della ‘ndrangheta nell’elezione del “senatoe di calbria” come lui stesso amava aggettivarsi.

Se continuiamo a distrarci con i giochi d’acqua del figlio di Matteo Salvini perdiamo di vista quegli argomenti che lo stesso Salvini non vuole far ricordare e non ha alcun interesse che si approfondiscano: I 49 milioni di euro truffati dalla Lega agli italiani, le numerose condanne di esponenti del carroccio per reati contro la comunità, il Russiagate che coinvolge lo stesso ministro e i suoi più stretti collaboratori, Il caso appena scoppiato dei 150 mila euro ricevuti in Marocco, e questi sono solo alcune polpette avvelenate che il ministro vuole nascondere e disinnescare.

Contano poco le scuse, il fatto che chieda scusa dà l’idea della gravità dell’errore, del vice premier e a poco serve l’inevitabile inchiesta interna aperta dalla Questura di Ravenna: provate a immaginare se la stessa cosa fosse accaduta con Renzi presidente del consiglio, con uno dei suoi figli comodamente seduto su un mezzo che dovrebbe essere sempre a disposizione per qualsiasi emergenza.

Immaginate quale reazione avrebbero messo in campo quelli del Movimento 5 Stelle, moralisti solo quando non mettono in pericolo la propria autopreservazione, avrebbero invaso le bacheche di tutti i social con qualche meme indignato e pieno di punti d’esclamazione.

Cosa avrebbe detto di Renzi lo stesso Matteo Salvini, il re del “fate quello che dico non fate quello che faccio”, che per molto meno quando era all’opposizione si stracciava le vesti come un novello francescano arrivato per salvarci dalle élite.

Immaginate la bile che avrebbero spremuto a tutti quegli italiani che pontificano, con l’ignoranza grassa di chi ha studiato presso “l’università della vita”, sulla scorta di Saviano e che sono oggi felicissimi che gli agenti di polizia facciano da animatori delle vacanze del Trota di Salvini.

Immaginate Di Maio, che si sta esibendo in vacanze molto popolari in Sardegna e chissà che fine hanno fatto le sue restituzioni di stipendio, che ci avrebbe dipinto il Renzi di turno come uno sfacelo di Stato che avrebbe sotterrato di vergogna l’Italia e invece ora di fronte al suo compagno di giochi leghista ci dice che l’importante è: “che abbia riconosciuto l’errore”.

Bastava chiedere scusa per calmare la feroce onda di bile dei grillini quando erano all’opposizione.

Ma non dimentichiamoci che questi ciarlatani mentre ci distraggono con i giochi d’acqua del novello trota hanno portato la pressione fiscale al 48%, favorito la speculazione sul prezzo dei carburanti, isolato l’Italia nel contesto europeo e mondiale, ci stanno portando sull’orlo del fallimento e quel che è stanno vedendo l’Italia a Vladimir Putin e pezzi del nostro territorio a chissà quanti altri speculatori, con buona pace per il sovranismo tanto sbandierato.

ALESSANDRIA. I TAGLI DELLA DISCORDIA.

Il consiglio comunale di Alessandria litiga sull’abbigliamento dei consiglieri di minoranza e fa slittare l’approvazione del piano di riequilibrio rischia di slittare a Ferragosto

foto archivio Quotidiano on line

I consiglieri comunali perdono tempo a discutere sulla Tav e prendono tempo sul documento contabile. 

Il sindaco è l’unico che può dichiararsi ottimista: “Ce la faremo in tempo”mentre resta in attesa del sì dei revisori.

La cronaca di un consiglio comunale da fantascienza: alle ore 18,05 circa inizia il Consiglio comunale che avrebbe dovuto discutere di 75 milioni di euro di tagli, che a futura memoria sarebbero dovuti durare fino al 2040, esattamente oltre 5 legislature lasciate in eredità dal “Conte” Cuttica di Revigliasco.

Ma che non sarebbe stata una seduta facile lo si è capito subito, Il presidente del consiglio comunale Emanuele Locci, (lista civica all’opposizione da destra alla giunta Cuttica come chi ha confermato lo stesso Locci qualche giorno fa), incalza immediatamente alcuni consiglieri di minoranza e maggioranza per l’abbigliamento con cui si sono presentati in consiglio comunale.

L’abbigliamento non consono con pantaloni corti e maglietta invece dei pantaloni lunghi e camicia non rispettano il protocollo e il regolamento. La discussione sulle mozioni a proposito della viabilità, ma del Piano di riequilibrio nessuna traccia, i revisori dei conti non hanno ancora approvato il documento più volte annunciato in commissione Bilancio.

Il sindaco spiega che: “non c’è nessun problema contabile, i revisori hanno chiesto altri documenti che noi abbiamo già preparato e che consegneremo in questi giorni”.

Il documento tratta nei dettagli i risparmi predisposti settore per settore, il collegio contabile dei controllori vuole sapere dove e come si risparmia. Uno per tutti i lavori pubblici, settore massacrato dai tagli,oppure «sul personale, come spiega il sindaco che indica come intendano razionalizzare il personale impiegato negli uffici. Un piccolissimo dettaglio che la giunta ha già in cassaforte e che non bloccherà la città per i prossimi vent’anni come accusa l’opposizione.

Non tagli o modifiche contabili,ma un piano di risparmi che pagheranno direttamente i dipendenti che gestiscono i servizi dell’ente.

I risparmi dovrebbero aggirarsi intorno ai 67 milioni già previsti oltre a altri tagli per otto milioni. Il sindaco Cuttica sostiene: “Sì ma non è detto che il riequilibrio non si possa ammorbidire. Il Piano viene approvato dal consiglio comunale, poi va al Ministero dell’Interno per poi essere approvato dalla Corte dei conti, altri comuni hanno atteso diversi mesi prima dell’approvazione definitiva. Quindi se in quei mesi come amministrazione riusciamo incassare più di Tari contrastando l’evasione ci porta ad avere conti meno rigidi. Il piano non è rigido come il dissesto che blocca la città: c’è un sistema di controllo semestrale. Come sindaco mi accollo il rischio e non lo metto addosso ai cittadini”.

Il 25% degli alessandrini non paga la tassa rifiuti.

La maggioranza sulle polemiche legate al riequilibrio aveva diramato un comunicato congiunto: “Non ci nascondiamo (Lega, Forza Italia, Siamo Alessandria e Fratelli d’Italia) e non abbiamo paura, vogliamo che Alessandria questa volta trovi la soluzione definitiva ai suoi problemi e con i revisori dei conti stiamo approfondendo aspetti non legati alle questioni meramente contabili. Di questo avevamo avvisato la commissione nella serata di lunedì”.

Alle 17 c’era più tempo per annullare la convocazione della commissione mentre il consiglio comunale proseguiva parlando di traffico con i Cinque stelle, sul blocco delle auto in centro e da parte della Lega con il capogruppo Lega,Evaldo Pavanello,un accorato appello alla Tav.

Insomma nei prossimi giorni e mesi ci sarà da divertirsi nel teatrino della politica alessandrina.

PALERMO.POLIZIA DI STATO. AMMINISTRAZIONE GIUDIZIARIA PER UNA SOCIETA’ CON CAPITALI MAFIOSI.

Palermo: amministrazione giudiziaria per società con capitali mafiosi

La Polizia di Stato di Palermo ha dato esecuzione al provvedimento di disposizione ad amministrazione giudiziaria per una start up di Terni sospettata di essere stata influenzata economicamente da appartenenti a Cosa Nostra.

La misura di prevenzione nei confronti della società di supporto digitale e telematico alle imprese, fondata nel 2013 da un imprenditore di Partinico (Palermo), si collega al decreto di sequestro emesso lo scorso gennaio dal Tribunale di Palermo, sempre su proposta del Questore, nei confronti di un imprenditore 72enne, sempre di Partinico, con beni per un valore complessivo di circa sei milioni di euro, tra i quali il 10 per cento del capitale sociale della start up.

La figura dell’anziano imprenditore nel settore dei giochi e delle scommesse online è emersa con un ruolo di primissimo piano nell’ambito delle indagini condotte dalla Squadra mobile di Palermo, relative all’operazione di polizia denominata “Game over”che, a febbraio 2018, ha portato all’arresto di 22 persone. Le indagini dimostrarono come lo stesso, tramite un vero e proprio accordo contrattuale con Cosa Nostra palermitana sia riuscito, nell’arco di un breve tempo, a monopolizzare il settore e realizzare una rete di agenzie di scommesse abusive capaci di generare profitti quantificati nell’ordine di oltre un milione di euro mensili.

Dallo sviluppo delle indagini patrimoniali è emerso che l’imprenditore abbia reinvestito nella start up di Terni i proventi delle attività illecite realizzate nel settore del gioco e delle scommesse.

In particolare, esaminando la documentazione bancaria della società è risultato come l’apporto di denaro dell’imprenditore sia stato assolutamente determinante per l’avvio della società stessa; infatti, è stato accertato come lo stesso abbia versato tra il 2015 ed il 2016, a titolo di “sovrapprezzo sottoscrizione quota parte capitale sociale”, denaro per oltre 300.000 euro.

Al fine di evitare il rischio di ulteriori infiltrazioni criminali nella start up derivante dal libero esercizio dell’attività imprenditoriale, la misura eseguita oggi ha, di fatto, sollevato dall’amministrazione i rappresentanti della società per un anno.

In pratica, l’azienda dovrà temporaneamente cedere la gestione all’amministratore giudiziario nominato dalla Autorità Giudiziaria la quale, al termine del periodo, valuterà la sussistenza dei presupposti per restituire o meno la gestione “bonificata” dai rischi riscontrati, ovvero procedere a conseguente sequestro ai fini della confisca.

ROMA. POLIZIA DI STATO. INCONTRO SULLA SICUREZZA CON GLI UFFICIALI DI COLLEGAMENTO.

Si è svolto questa mattina, presso la Scuola superiore di Polizia, un incontro strategico sul tema della sicurezza nazionale e internazionale.

Ai lavori, presieduti dal vice capo della Polizia Vittorio Rizzi, hanno partecipato gran parte degli ufficiali di collegamento degli stati esteri presenti in Italia; si tratta dei rappresentanti di 23 paesi che garantiscono lo scambio di informazioni in materia di sicurezza.

All’ordine del giorno il perfezionamento e l’implementazione dei rapporti dello SCIP (Servizio per la Cooperazione Internazionale di Polizia) con i bureau e le agenzie estere attraverso i canali preferenziali della SOI (Sala Operativa Internazionale) interna alla DCPC (Direzione Centrale della Polizia Criminale).  

Obiettivo del forum, restringere le maglie della sicurezza per ottimizzare gli strumenti di contrasto al crimine organizzato transnazionale, garantendo sistemi di prevenzione all’avanguardia soprattutto attraverso l’intensificazione degli scambi info-investigativi.

Il prefetto Vittorio Rizzi, nel suo intervento, ha sottolineato l’importanza di rinsaldare i rapporti tra tutti i membri del network della cooperazione internazionale, quali rappresentanti del law enforcement dei diversi paesi, a favore del lavoro svolto insieme per la sicurezza, anche attraverso incontri come quello odierno.

Il Prefetto, a conclusione dell’intervento, ha lanciato la proposta di costituire un’associazione degli ufficiali di collegamento accreditati in Italia, per migliorare la conoscenza reciproca dei sistemi di polizia del mondo e per rinforzare i legami tra gli attori della cooperazione internazionale di polizia presenti in Italia, sviluppando gli scambi culturali e professionali tra i suoi membri, politiche di facilities e best practies.

Durante l’incontro è stato anche effettuato un collegamento in videoconferenza con la SOI, snodo nevralgico di connessione operativa fra l’Italia e il resto del mondo.

La riunione di oggi che è seguita a quella del Comitato per la Programmazione strategica e per la Cooperazione Internazionale di Polizia (CoPSCIP) svoltasi a Roma lo scorso 2 luglio, si inserisce nell’ottica di avvicinamento e posa a fattor comune di mezzi, strumenti e buone prassi al servizio del sistema di sicurezza mondiale.

REGGIO CALABRIA.POLIZIA DI STATO. OPERAZIONE LIBRO NERO CONTRO LA ‘NDRANGHETA, 17 ARRESTI.

Reggio Calabria: operazione “Libro Nero” contro la ‘Ndrangheta, 17 arresti

Operazione “Libro Nero” a Reggio Calabria, la Polizia ha arrestato 17 persone, 12 in carcere e 5 agli arresti domiciliari, appartenenti alla cosca Libri.

Gli indagati devono rispondere di associazione mafiosa, concorso esterno in associazione mafiosa, estorsione, turbata libertà degli incanti, porto illegale in luogo pubblico di arma comune da sparo,

con L’aggravate dell’agevolazione mafiosa, tentata corruzione per atto contrario ai doveri d’ufficio.

Gli investigatori della Squadra mobile di Reggio Calabria e del Servizio centrale operativo di Roma, coadiuvati dagli operatori del Reparto prevenzione crimine, hanno eseguito anche numerose perquisizioni e sequestri di imprese e società del settore edilizio, immobiliare e della ristorazione, il cui valore complessivo è di diversi milioni di euro.

L’indagine ha consentito di ricostruire gli assetti e le dinamiche operative della cosca Libri, una delle più potenti articolazioni della ‘ndrangheta unitaria, che controllava nella città di Reggio Calabria i quartieri Cannavò, Condera, Reggio Campi, Modena, Ciccarello, San Giorgio e le frazioni di Gallina, Mosorrofa, Vinco e Pavigliana.  

In particolare è stato svelato come affermati imprenditori e politici locali e regionali fossero totalmente sottomessi alle volontà della cosca con cui facevano affari: godendo degli occulti finanziamenti e delle protezioni derivanti dalla stessa, hanno assunto posizioni di assoluto rilievo nei loro ambiti operativi, beneficiando da un lato della protezione della ‘ndrangheta, al fine di avviare e far crescere in modo esponenziale le proprie attività imprenditoriali, e finanziandola dall’altro.

Nella prospettiva di un maggiore ed efficace sviluppo dei propri interessi criminali, la cosca Libri, oltre ad essere perfettamente in grado di interferire nelle dinamiche economico-imprenditoriali locali, è stata allo stesso tempo capace di infiltrarsi in quelle politico-elettorali del territorio cittadino, gestendo un consistente bacino di voti, convogliandoli a favore di personaggi compiacenti, senza esclusione di schieramenti politici, nell’ambito di un rapporto basato sul do ut des, destinato a favorire non solo la singola associazione mafiosa, ma il sistema ‘ndranghetistico nel suo complesso.

L’attività d’indagine ha fornito importanti elementi sulla centralità del ruolo esercitato dalla cosca in occasione delle elezioni per il rinnovo del Consiglio Regionale del novembre 2014. In quella tornata elettorale, parte del proprio cospicuo bacino di preferenze elettorali venne convogliato verso un politico di Reggio Calabria poi eletto al Consiglio della Regione, in cambio di favori.

Tra gli elementi di vertice della cosca Libri sono stati arrestati due noti imprenditori del settore edilizio, immobiliare e della ristorazione, un politico regionale, un avvocato penalista e un medico dentista.

A finire agli arresti domiciliari invece sono stati anche un consigliere regionale, un politico locale e un appartenente alle forze dell’ordine, con l’accusa di concorso in tentata corruzione per atti contrari ai doveri d’ufficio. Il patto corruttivo prevedeva che il politico regionale avrebbe dovuto ricevere, in cambio di favori, informazioni riservate su processi in corso, dall’appartenente alle forze dell’ordine, attraverso la mediazione del politico locale.