L’ennesimo caso di caporalato in Veneto, da Lavis a Padova, dove un gruppo di operai pakistani sono stati ridotti in schiavitù per lavorare 12 ore al giorno per 4,50 euro all’ora nella Grafica Veneta.
le terribili le condizioni di lavoro in cui sono stati coinvolti una ventina di pakistani assunti da una società trentina per essere impiegati in Veneto nella logistica.

Arrestati 5 connazionali
Gli operai venivano sfruttati con turni da 12 ore pagati a 4,50 euro all’ora, picchiati, legati e derubati di documenti e cellulari se osavano ribellarsi.
Vivevano ridotti in schiavitù una ventina di lavoratori pakistani dipendenti di un’azienda di Lavis, la Bm service, che si occupa del confezionamento di prodotti editoriali.
La manodopera veniva impiegata nei magazzini di Grafica Veneta e secondo gli inquirenti i vertici del colosso dell’editoria di Trebaseleghe erano a conoscenza delle condizioni di lavoro.
L’amministratore delegato e il responsabile della sicurezza sono finiti ai domiciliari mentre sono stati associati al carcere per il reato di caporalato 5 cittadini pakistani, i due proprietari della società di Lavis e i loro fedelissimi.
Il procuratore di Padova Antonio Cappelleri ha illustrato le terribili i dettagli sulla vita dei lavoratori, molti dei quali venivano prelevati all’alba appena arrivati in Italia, portati in due abitazioni nelle vicinanze dell’azienda in Veneto, dove vivevano ammassati e sorvegliati.
PRESIDIO DINANZI AL COMUNE DI TREBASELEGHE:
Un presidio di protesta è stato organizzato per oggi, Sabato 31 luglio dalle ore 11, dinanzi al municipio di Trebaseleghe da parte delle forze politiche, organizzazioni sindacali, associazioni e persone che condividono l’indignazione e la rabbia, per:
- esprimere tutta la solidarietà ai lavoratori che hanno subito minacce, attacchi violenti, e continue intimidazioni;
- condannare il caporalato e il crescente sfruttamento dei lavoratori, l’attacco ai diritti ed alle tutele, tutti fenomeni che in Veneto si espandono come e più che nel resto del Paese.
L’Ad e il responsabile della direzione tecnica di Grafica Veneta sono finiti agli arresti domiciliari perché direttamente coinvolti in una vicenda di sfruttamento e caporalato a danno di lavoratori pakistani.
Gli esponenti di Rifondazione Comunistal el forze politiche e i sindacati non sono per nulla stupiti.
Da molto tempo sapevano che lo sviluppo dell’azienda di Trebaseleghe aveva come asset strategici della sua crescita forti legami con la politica e lo sfruttamento intensivo del lavoro.
I primi sono ampiamente noti.
Non si contano le esternazioni di plauso di Luca Zaia a favore di Grafica Veneta, sempre indicata come eccellenza veneta, così come è nota la vicenda ingloriosa delle mascherine prodotte nella primavera scorsa e presentate in conferenza stampa a Marghera, con grande orgoglio dal presidente del Veneto come prodotto della creatività della imprenditoria regionale.
Sulle condizioni delle lavoratrici e dei lavoratori-spiegano- abbiamo avuto spesso notizie frammentarie e reticenti, purtroppo, a causa della paura di chi temeva, denunciando, di perdere il lavoro.
Vediamo, però ancora una volta squadernata la logica predatoria di larga parte della borghesia veneta che ha costruito le sue fortune sullo sfruttamento intensivo del lavoro e del territorio con la complicità di larga parte della politica che ha permesso, per legge, lo smantellamento delle tutele delle lavoratrici e dei lavoratori e ha favorito la speculazione immobiliare che ha generato un consumo di suolo insostenibile.
Alla Grafica Veneta, come alla Fincantieri, in agricoltura, nelle attività di servizio, nella logistica, in molte attività produttive, la intermediazione di manodopera permette di imporre ai settori più deboli del mercato del lavoro – donne, giovani e immigrati – condizioni di lavoro indicibili e salari da fame.
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