Mese: novembre 2020

MILANO. ARRESTATO UN 25ENNE PER L’OMICIDIO DI VIA LORENTEGGIO.

intercettazioniSi erano dati appuntamento nell’abitazione di via Lorenteggio, a Milano, dove la 45enne riceveva i propri clienti, ma per qualche ragione l’uomo di 25 anni non ha consumato il rapporto sessuale pattuito e, probabilmente al termine di un litigio, ha soffocato la donna fino a lasciarla senza vita sul pavimento della cucina.

Questa è la conclusione a cui sono giunti gli investigatori della Squadra mobile di Milano, al termine dell’indagine iniziata il 29 aprile scorso, con il supporto degli agenti del commissariato Porta Genova, dopo che, la mattina successiva all’omicidio, un amico della vittima ha trovato il cadavere.

L’indagato, uno straniero irregolare sul territorio nazionale, è stato arrestato questa mattina a San Giuliano Milanese, in esecuzione dell’ordinanza di custodia cautelare emessa dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale, con l’accusa di omicidio aggravato.

Inizialmente si pensava ad un possibile malore, in quanto la donna non aveva apparenti segni di strangolamento sul collo, ma poi l’autopsia ha accertato “la rottura bilaterale dei cornetti tiroidei dovuta ad asfissia meccanica da compressione determinata da un’azione violenta di altra persona”, un referto che non ha lasciato dubbi sulla causa della morte.

Gli investigatori hanno iniziato ad ascoltare i testimoni e, soprattutto, ad analizzare le immagini di molte telecamere di videosorveglianza, riuscendo così ad individuare il momento dell’arrivo e, dopo circa venti minuti, della fuga dell’indagato, ripercorrendone anche il tragitto. Molto importante, ai fini della ricostruzione dei fatti, è stata l’analisi delle telefonate e dei messaggi Whatsapp scambiati tra i due, che non si erano mai incontrati prima.

CAGLIARI. OPERAZIONE GHOST, ARRESTATI 4 SOGGETTI PER BANCAROTTA FRAUDOLENTA

Bancarotta fraudolenta per distrazione, dissipazione e preferenziale: questi i reati contestati, a vario titolo, a dieci soggetti sardi coinvolti in una serie di fallimenti che hanno interessato, nel corso degli anni, numerose aziende isolane.

In particolare, sulla base di una specifica delega d’indagine coordinata dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Cagliari, le Fiamme Gialle del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria hanno approfondito le vicissitudini economiche, finanziarie e societarie che hanno condotto al fallimento – per un ammontare complessivo del passivo di circa 155 milioni di euro – 5 società sarde operanti nel settore dell’edilizia, dei servizi alberghieri e delle case di cura.

Le accurate investigazioni hanno consentito di appurare come le citate imprese, formalmente distinte, fossero in realtà tutte riconducibili ad un unico, informale gruppo societario, composto complessivamente da 14 aziende, al cui vertice figurava un imprenditore del Sulcis Iglesiente che, tuttavia, non ha mai ricoperto formalmente ruoli di amministratore all’interno delle società sottoposte al suo controllo di fatto.

Più nello specifico, le risultanze d’indagine hanno consentito di ipotizzare come l’imprenditore abbia fatto uso di numerosi prestanome – nove quelli sino ad ora individuati – per la gestione occulta delle imprese fallite, nel tentativo di evitare di incorrere in conseguenze penalistico/amministrative.

Attraverso operazioni infragruppo, con cessione di immobili a prezzi superiori a quelli di mercato, pagamenti preferenziali, la sistematica omissione del pagamento di tributi fiscali e contributivi nonché la falsificazione dei dati di bilancio, l’amministratore “di fatto” del gruppo d’aziende, con la complicità degli altri indagati, sarebbe risultato responsabile della distrazione di disponibilità finanziarie di pertinenza aziendali per oltre 6,5 milioni di euro, utilizzate anche per il pagamento, in proprio favore, di rilevanti compensi, in quanto assunto quale dipendente/consulente da alcune delle società del gruppo.

All’esito delle investigazioni, condividendo le risultanze investigative e le conseguenti proposte cautelari avanzate dalla Procura della Repubblica, il giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Cagliari ha, quindi, emesso quattro ordinanze di custodia cautelare, di cui due in carcere e due ai domiciliari, nei confronti dell’imprenditore dominus ritenuto artefice del sistema fraudolento e di tre sodali, questi ultimi accusati di essere consulenti e prestanome dell’amministratore di fatto.

Il risultato raggiunto è espressione della particolare attenzione che le Fiamme Gialle cagliaritane, nell’ambito di un particolare programma, condiviso ed attuato con la Procura della Repubblica alla sede, di attenta vigilanza sulle potenziali devianze gestionali da parte di operatori economici inclini a perpetrare e/o perpetuare reati fallimentari, societari e finanziari, in tal modo ledendo l’efficienza e la trasparenza del sistema economico.

Tale presidiarietà, tesa all’indispensabile salvaguardia della leale concorrenza economica, della correttezza del funzionamento dei mercati e di interessi pubblici di rilevante, conseguente implicazione (come l’acquisizione di risorse fiscali e contributive), nel recente triennio ha portato:

  • all’individuazione di 158 soggetti denunziati a vario titolo per i suddetti reati, di cui 12 in stato d’arresto;
  • alla ricostruzione di distrazioni aziendali per 68 milioni di euro;
  • al sequestro di beni mobili, immobili e disponibilità finanziarie per oltre 25 milioni di euro.

PESARO. CONFISCATI BENI PER UN VALORE DI OLTRE 500 MILA EURO.

La Compagnia della Guardia di Finanza di Pesaro, su disposizione del locale Tribunale, ha eseguito, all’esito della sentenza di condanna dell’imputato, la confisca per equivalente, per un importo di oltre € 500.000, del denaro presente nei conti correnti bancari, di un immobile ubicato in provincia di Bergamo e di due autovetture nella disponibilità del condannato, resosi responsabile di una consistente evasione fiscale che proprio la G. di F. pesarese aveva scoperto nel corso di una verifica fiscale svolta nei confronti dell’imprenditore.

Il soggetto, titolare di una ditta operante nel settore della costruzione di edifici residenziali e non, infatti, si era reso responsabile del delitto di omessa presentazione della dichiarazione annuale per l’anno d’imposta 2016, occultando così al fisco elementi positivi di reddito per oltre 1 milione di euro. La minuziosa attività ispettiva svolta dalle Fiamme Gialle permetteva di ricostruire i reali guadagni nascosti, consentendo il recupero a tassazione del profitto realizzato.

Oltre le sanzioni amministrative che ne conseguivano, l’imprenditore veniva deferito alla Procura della Repubblica di Pesaro che istruiva il pertinente procedimento penale per i reati tributari rilevati ed assumeva la direzione delle indagini.

L’esito del giudizio che ne è conseguito da parte del Tribunale, che accoglieva la tesi della Procura, portava alla condanna dell’imputato ad una pena detentiva ed all’emissione del decreto di confisca di denaro e beni, fino alla concorrenza dell’importo dell’evasione fiscale, realizzata con la illecita condotta.

TORINO. FITTIZIA RESIDENZA ALL’ESTERO CON EVASIONE FISCALE MILIONARIA.

La Guardia di Finanza di Torino ha scoperto, all’esito di articolate investigazioni, che un manager sessantenne, di origini piemontesi, ha dichiarato, per anni, di risiedere nel Regno Unito, ma solo formalmente, visto che, di fatto, vive abitualmente in alta Val di Susa.

Le indagini, condotte dai Finanzieri della Tenenza di Bardonecchia e coordinate dal dott. Mario Bendoni, Pubblico Ministero presso la Procura della Repubblica del capoluogo piemontese, hanno visto coinvolto un noto dirigente d’azienda, esperto e specializzato in fondi comuni di investimento, venture capital, acquisizioni societarie e management aziendale.

La specifica disciplina in materia tributaria prevede, per i cittadini che intendano trasferire la propria residenza in un altro Stato per periodi superiori a 12 mesi, l’iscrizione alla c.d. A.I.R.E. (Anagrafe italiani residenti all’estero), gestita dai Comuni sulla base dei dati e delle informazioni provenienti dalle Rappresentanze consolari all’estero. La registrazione all’A.I.R.E. è effettuata a seguito di dichiarazione resa dall’interessato all’Ufficio consolare competente per territorio entro 90 giorni dal trasferimento della residenza e comporta la contestuale cancellazione dall’Anagrafe della Popolazione Residente (A.P.R.) del Comune di provenienza.

Nel corso degli accertamenti delle Fiamme Gialle, svolti anche alla luce dei contenuti del vigente trattato internazionale contro le doppie imposizioni Italia- Regno Unito, è emerso, invece, come il soggetto, benché ufficialmente iscritto all’A.I.R.E., fosse fittiziamente residente al di là della Manica, mentre, in concreto, viveva in Italia.

Numerosi, precisi ed univoci gli elementi probatori in tal senso acquisiti dai militari, a seguito dell’utilizzo delle banche dati in uso al Corpo, delle perquisizioni eseguite presso il domicilio dell’interessato, dell’analisi dei relativi conti bancari, dell’esame dei passaggi telepass, della documentazione relativa alle delibere ed ai meeting delle società a lui riconducibili in Italia, delle note spese, delle bollette, delle schede telefoniche, nonché delle dichiarazioni rese da persone a lui vicine, tali da far ritenere che il soggetto abbia mantenuto, di fatto, il centro dei suoi interessi vitali, economici e familiari, nonché la propria dimora, sul territorio nazionale, così da doversi considerare ivi fiscalmente residente, con la conseguenza che avrebbe dovuto corrispondere i tributi allo Stato italiano.

Ammontano ad oltre 3 milioni di euro le imposte non versate all’Erario accertate dagli inquirenti, che hanno anche proceduto all’esecuzione di un provvedimento di sequestro emesso dal Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Torino, cautelando auto, conti correnti, terreni e immobili nella disponibilità del contribuente.

Peraltro, il patrimonio accumulato, frutto anche dell’evasione fiscale, era stato “protetto” dal manager attraverso la costituzione di società e trust ubicati in paesi con una normativa tributaria privilegiata.

L’attività della Guardia di Finanza di Torino, vieppiù in questo periodo di particolare emergenza sociale, è orientata a contrastare gli effetti negativi prodotti dall’evasione fiscale, anche di matrice internazionale, sia in termini di ostacolo alla normale concorrenza fra imprese sia avuto riguardo alla corretta corresponsione delle imposte da versare allo Stato, che mina le condizioni necessarie per sostenere il rilancio e lo sviluppo dell’economia, significativamente colpita dal congiunturale momento di crisi.

CATANIA. ARRESTATO USURAIO PER PRESTITO A USURA NEI CONFRONTI DI UN RISTORANTE.

I Finanzieri del Comando Provinciale di Catania hanno arrestato in flagranza di reato per il reato di usura ed estorsione, F.C., 56 anni, nato a Catania e residente a Misterbianco.

Le investigazioni, effettuate dai militari del Nucleo di polizia economico-finanziaria della Guardia di finanza di Catania, hanno preso spunto dall’esame della situazione finanziaria un imprenditore catanese attivo nel settore della ristorazione, in forte difficoltà anche a seguito della contrazione legata alla nota emergenza epidemiologica in atto.

In particolare, a seguito delle attività di indagini svolte dalle unità specializzate del G.I.C.O. di Catania, è emerso che l’imprenditore aveva nel tempo maturato una esposizione debitoria nei confronti di F.C., caratterizzata da elevati tassi usurari.

È stato infatti accertato che F.C. aveva prestato, in più tranche, 19 mila euro al ristoratore catanese, utilizzati anche per la prosecuzione dell’attività economica: a fronte di tale prestito, l’imprenditore doveva restituire rate con l’applicazione di un tasso d’interesse usurario superiore al 120% su base annua.

È inoltre anche emerso che l’usuraio aveva anche minacciato di gravissime ritorsioni sia l’imprenditore sia i suoi familiari nel caso in cui non fosse stato adempiuto il pagamento delle rate, facendo anche riferimento al possibile intervento di soggetti inseriti in contesti criminali.

Una volta così delineato un consistente quadro indiziario, è stato disposto apposito intervento operativo da parte dei militari della Guardia di Finanza in concomitanza del pagamento, avvenuto in pieno centro cittadino, dell’ultima rata del prestito usuraio.

Constatata la consegna di 650 euro, quale ultima rata del prestito, è stata effettuata la perquisizione presso l’abitazione di F.C., dove sono stati rinvenuti circa 5 mila euro in contanti, 10 assegni per complessivi 60 mila euro, oltre a smartphone e documenti utili a ricostruire la “contabilità in nero” attestante il prestito usuraio, tutti sottoposti a sequestro.

Inoltre – tenuto conto delle gravissime minacce di ritorsioni in caso di inadempimento del pagamento delle rate – allo stesso F.C. è stato contestato anche il delitto di estorsione, in aggiunta alle circostanze aggravanti relative al fatto che il reato di usura sia stato commesso a danno di un imprenditore, in stato di difficoltà economica.

Sulla base delle investigazioni della Guardia di finanza, su richiesta della Procura della Repubblica di Catania – Direzione Distrettuale Antimafia, il GIP presso il Tribunale ha convalidato l’arresto di F.C. per i delitti di usura – aggravata dal fatto che il reato sia avvenuto a danno di imprenditore, approfittando della difficoltà economica – e di estorsione, disponendo nei confronti dello stesso F.C. la misura della custodia cautelare in carcere.

L’attività dei Finanzieri di Catania si inquadra nel più ampio quadro delle azioni svolte dalla Procura della Repubblica e dalla Guardia di Finanza di Catania volte al contrasto, soprattutto sotto il profilo economico-finanziario, delle associazioni a delinquere di tipo mafioso, al fine, da un lato, di scongiurare le infiltrazioni della criminalità organizzata nell’imprenditoria sana e, dall’altro, di difendere gli interessi patrimoniali dei cittadini e delle imprese in un momento di rilevante crisi economica.