Tassista aggredito a Verona: preso il responsabile
I poliziotti della squadra mobile di Verona hanno arrestato un 19 enne che in pieno centro di Verona aveva aggredito un tassista provocandogli la frattura dello zigomo e del setto nasale.
Le indagini sono iniziate a seguito della segnalazione arrivata al 113 da parte di un cittadino che aveva assistito al fatto dal balcone di casa.
La notte tra l’11 ed il 12 settembre in una piazza centrale di Verona, il giovane, accompagnato da altri due uomini, aveva assalito il tassista colpendolo con pugni al volto.
Dopo l’analisi comparata delle immagini riprese dalle telecamere di videosorveglianza di una tabaccheria della zona, di quelle del telefonino di un cittadino che aveva ripreso la scena, del materiale video registrato dalle telecamere della stazione ferroviaria di Verona e dei tabulati telefonici i poliziotti della Mobile sono riusciti a rintracciare tutti e tre gli uomini a Nogara (Verona).
Per il 19enne responsabile dall’aggressione e con precedenti penali per rapina, lesioni e per diversi reati contro la persona, il patrimonio e in materia di stupefacenti è scattato l’arresto.
Gli agenti delle Volanti, intervenuti sul posto, avevano chiesto l’ausilio di un’ambulanza per soccorrere la vittima che, considerate le gravi condizioni, veniva trasportato all’ospedale di Borgo Roma.
Il tassista per i numerosi pugni ricevuti al volto aveva riportato la frattura dello zigomo e del setto nasale e anche la perdita di coscienza immediata, che ha determinato una prognosi di 44 giorni.
Catania: confiscati a un pregiudicato beni per 31 milioni di euro
La Questura di Catania ha attuato un procedimento di confisca per i beni intestati a un imprenditore pregiudicato catanese, considerato alla cosca “Cappello”. Il valore dei confiscati è di 31 milioni di euro e comprende due societò di capitali, dodici supermercati della catena” G.M”,un distributore di carburante, sette immobili(terreni e fabbricati),cinque veicoli e numerosi conti correnti e rapporti finanziari intestati ai familiari, ma riconducibili all’impresario.
Il provvedimento di confisca ha riguardato beni e società già oggetto di sequestro eseguito dalla Questura di Catania nel gennaio del 2018, in esecuzione di una misura di prevenzione patrimoniale disposta dal Tribunale, in accoglimento della proposta avanzata dal Questore nel settembre 2017.
All’imprenditore è stata inoltre applicata la misura della sorveglianza speciale di P.S. con l’obbligo di soggiorno nel comune di residenza per tre anni.
L’attuale provvedimento di confisca rappresenta il termine di una attività investigativa condotta da un gruppo integrato di lavoro della Divisione anticrimine e della Squadra mobile, nei confronti di un uomo con condanne per traffico di stupefacenti che, in virtù della sua “vicinanza” al clan mafioso “Cappello”, si era inserito nel mercato della grande distribuzione di generi alimentari, reimpiegando denaro frutto di attività illecite.
Giorgi Meloni, che ad Agosto si assumeva la paternità degli aiuti dell’Europa all’Italia e dichiarava che il risultato era stato ottenuto solo per merito di Fratelli d’Italia, durante un raptus nostalgico per le politiche repressive, autoritarie e antidemocratiche si schiera dalla parte di Polonia e Ungheria che hanno posto il veto e bloccano gli aiuti per la crisi all’Italia: “Difendono identità cristiana e confini da immigrazione”.
Ma i rilievi Ue sono sull’indipendenza dei giudici e libertà dei media nei due paesi dicono che quelle sono solo frasi fatte e di circostanza, insomma “fuffa” e propaganda.
Giorgia meloni in un post su facebook:
La leader di Fratelli d’Italia sostiene che la clausola sullo Stato di diritto, contro la quale si stanno battendo Budapest e Varsavia, sia solo un modo per Bruxelles di limitare la sovranità dei 27 Stati membri e imporre politiche pro-immigrazione e contro le “radici cristiane dell’Ue”.
Ma a preoccupare le istituzioni comunitarie sono le riforme sulla giustizia e la libertà d’espressione già criticate in passato
Ungheria e Polonia hanno deciso di porre il veto sul bilancio Europeo a cui sono collegati gli aiuti al’Italia e lo stanziamento dei fondi del Next Generation Eu (o Recovery Fund) in sostegno ai Paesi colpiti dal coronavirus a causa della clausola sullo Stato di diritto.
A Matteo Salvini e Giorgia Meloni era stato chiesto di prendere le distanze dai due governi loro alleati a livello europeo.
Ma la leader di Fratelli d’Italia ha affidato ai social la sua risposta, che “puzza” di tutto tranne che di una presa di distanza: “Se non vi inginocchiate niente soldi per combattere il coronavirus, basta difesa dei confini e identità cristiana“.
Giorgia Meloni ricalcando le tesi di Viktor Orbán ha scritto che la mossa dei governi di Budapest e Varsavia rappresentano la scelta di “non piegarsi” a un Ue che vuol punire “quei Paesi che vogliono difendere le radici classiche e cristiane d’Europa e i propri confini dall’immigrazione illegale di massa“.
Ma radici cristiane e politiche migratorie hanno poco a che vedere con la clausola richiesta dalla maggior parte dei 27 Stati membri.
La cronaca degli ultimi anni racconta il continuo scontro tra i governi sovranisti polacco, guidato dal partito Diritto e Giustizia dal 2015, e ungherese, da dieci anni sotto la guida del Fidesz di Viktor Orbán.
La Polonia ha imposto il controllo sui giudici e la mancata separazione dei poteri
Bruxelles che ha varie volte attivato l’articolo 7 dei Trattati sull’Unione europea che può portare fino alla sospensione di alcuni diritti di adesione, tra cui il diritto di voto in sede di Consiglio Ue, in caso di “violazione grave e persistente da parte di un Paese membro dei principi sui quali poggia l’Unione”.
L’allarme delle istituzioni europee non è scattato per “la difesa dell’identità cristiana o dei confini”, ma per le controverse riforme della giustizia proposte dall’esecutivo di Varsavia che limitano la libertà dei giudici e la loro indipendenza dal governo.
Le controversie proseguono dal 2017 quando alla guida dell’esecutivo c’era il presidente del Consiglio Beata Szydło e permise al ministro della Giustizia di nominare i presidenti dei tribunali regionali e di appello.
La firma del presidente della Repubblica, Andrzej Duda, arrivò mentre migliaia di persone erano in piazza per protestare contro una riforma che di fatto rendeva i togati dipendenti dai governi che li nominavano, accorpando il potere esecutivo e buona parte di quello giudiziario nelle mani del partito o della coalizione di maggioranza.
L’unico veto posto dal presidente è stato sulle “misure sulla Corte Suprema che avrebbe consentito di nominare 15 giudici su 25 e sul Consiglio Nazionale della Magistratura.
Situazione identica si è ripresentata due anni dopo, sempre con il governo Diritto e Giustizia, ma guidato dal premier, Mateusz Morawiecki.
A gennaio 2020, il Parlamento, sempre con centinaia di persone in piazza, ha approvato quella che è stata subito ribattezzata “legge museruola” con la quale l’esecutivo può sanzionare i giudici che mettono in dubbio la legittimità della nomina di altri colleghi, che svolgono attività politica o che nuocciono al funzionamento della giustizia.
Il parlamento Europeo ha protestato per quello che viene considerato l’ultimo schiaffo allo stato di diritto nel paese.
Lo scontro tra Polonia e istituzioni Ue comunque non hanno niente a che vedere con la “salvaguardia dell’identità cristiana e la protezione dei confini”, argomenti usati da Giorgia Meloni per giustificare la scelta di bloccare i fondi europei per l’emergenza Covid.
In Ungheria le leggi-bavaglio contro i media e criminalizzazione delle ong hanno fatto scattare le procedure, poi arenatesi in sede di Consiglio Ue, per l’attivazione dell’articolo 7 dei Trattati nei confronti dell’Ungheria.
Il voto del Parlamento UE del 12 settembre sulla relazione Sargentini, dal nome dell’ex eurodeputata dei Verdi che ne è stata la relatrice.
La Plenaria di Strasburgo, con 448 voti a favore, 197 contrari e 48 astensioni, approvò il rapporto in cui si accusava Budapest, come ha dichiarato l’eurodeputata, di aver “imbavagliato i media indipendenti, limitato il settore accademico e sostituito i giudici indipendenti con giudici più vicini al regime oltre ad aver reso la vita difficile alle ong“.
Le affermazioni sono legate alle numerosi leggi con le quali il governo di Viktor Orbán, dal 2010, ha tentato di limitare la libertà e l’indipendenza dei media nazionali, a quelle sui migranti che hanno convinto la Commissione UE a deferire il paese alla Corte di Giustizia Europea e alla norma “legge Stop Soros” definita dai giudici UE: “Discriminatoria” con la quale l’esecutivo ha criminalizzato l’operato delle ong in materia di accoglienza e costretto la Central European University, fondata proprio dal magnate statunitense di origini ungheresi, a lasciare la storica sede di Budapest e trasferirsi a Vienna.
Come si può facilmente intuire, ma non comprensibile per Giorgia Meloni, la “protezione dei confini” non ha nulla a che fare con le accuse mosse dalla UE all’Ungheria.
Immagini di repertorio. La processione all’ingresso della casa di riposo di Quargnento.
Una inchiesta in primavera, durante la prima ondata di contagi da “coronavirus”, raccontava di una strage silenziosa che ha ucciso 26.422 anziani over 70, ma i numeri spiegano anche che la metà dei decessi è avvenuta nelle residenze sanitarie per anziani.
Molte strutture sanitarie e residenze per anziani, tra cui Quargnento, sono state chiuse ai contatti esterni e salvato la vita agli anziani o comunque è stata arginata la corsa del contagio da coronavirus.
Altri strutture hanno invece aperto le porte per accogliere i malati e questa scelta si è rivelata nefasta per gli anziani ospiti, che a decine di migliaia siono stati contagiati e uccisi dal virus.
La seconda ondata della pandemia, nonostante lo sforzo enorme del personale di case di riposo e Rsa, si sta dimostrando molto più pericolosa per le strutture ricettive, per gli anziani ospiti e per lo stress a cui vengono sottoposti gli operatori sanitari tra cui si contano molti casi di positivi
Per la RSA e le Case di riposo è di nuovo emergenza e tornano ad essere focolai di contagio da Covid.
La conferma che il virus sia presente in molte strutture piemontesi e in provincia di Alessandria è arrivata dal prefetto Iginio Olita, che durante l’ultimo Comitato per l’Ordine e la Sicurezza Pubblica, ha comunicato che in relazione proprio allo stato delle RSA proseguirà un attento monitoraggio attraverso le Autorità sanitarie locali e l’Arma dei Carabinieri, nelle componenti territoriali e del NAS.
Ad Alessandria l’Asl Al ha preso in carico il caso dell’Istituto Divina Provvidenza “Beata Teresa Grillo Michel” che nei giorni scorsi ha denunciato oltre oltre 100 contagi, tra casi sospetti e positivi, su 234 ospiti, la cui la maggior parte risulta essere asintomatica al virus mentre sono 27 gli operatori sanitari contagiati, molti con sintomi.
I numeri del contagio nell’alessandrino preoccupano e massima è l’attenzione rivolta verso le strutture dell’Alessandrino: la Don Beniamino di Novi, la casa di riposo Balbi di Arquata Scrivia dove quasi tutti i quaranta ospiti sono risultati positivi al tampone, A Valenza sono i 18 contagi all’Uspidalì tra ospiti e assistenti, mentre a Tortona si è sviluppato un focolaio a Villa Charitas, sede delle Suore Sacramentine dove sette sorelle su otto sono risultate positive al virus.
La prima ondata Covid, era stata ribattezzata “una strage silenziosa”: quella che, nella caotica gestione della pandemia della scorsa primavera, aveva ucciso migliaia di anziani delle case di riposo e delle Rsa.
ALESSANRIA DI NUOVO NELLA MORSA DELL’EMERGENZA DA CORONAVIRUS E NUOVI FOCOLAI NELLE RSA E NELLECASE DOI RIPOSO.
Il focolaio di contagio da Covid si è sviluppato nella Rsa, Istituto Divina Provvidenza di Alessandria: struttura, intitolata a Beata Teresa Grillo Michel dove sono risultati positivi al virus 86 ospiti su 238 e 21 operatori sono risultati positivi al tampone e di cui 50 sono in malattia. La Asl di Alessandria conferma che si tratta di “19 Oss e 2 suore”.
Un focolaio covid ha interessato, il mese scorso, la casa di riposo di Quargnento “Madre Teresa Michel-Piccole Suore della Divina Provvidenza” con 30 contagi tra cui alcuni operatori, in totale nel paese i contagi sono 49 e quattro persone sono state ricoverate in ospedale.
L’allarme lanciato dai gruppi consiliari del Pd e della lista Insieme per Rossa in merito all’emergenza covid ad Alessandria alla vigilia del consiglio comunale dedicato a questo tema. I consiglieri dell’opposizione hanno puntato l’accento sulla situazione delle rsa alessandrine, definita “grave e trascurata“: “Il Consiglio Comunale di mercoledì sarà un’occasione per fare chiarezza, per avere informazioni e per, si spera, essere ascoltati. Lo abbiamo chiesto da tempo un confronto, arriva in ritardo ma proviamo a renderlo utile. Ci sono veri e propri focolaiin una struttura, ma non è l’unica, ci sono 55 operatori a casa di cui solo 10 per normale malattia. Gli ospiti non sono monitorati perché il responsabile, il dottor Barresi dell’Asl di Alessandria, non può fornire tamponi in assenza di reagenti. Il grido d’allarme è di avere personale. Ci sono operatori che hanno sulle spalle 40 ore di lavoro. Perché non ci sono risposte? In alcune RSA la carenza di dpi crea situazioni allarmanti. Gli operatori sono esposti, e con loro le famiglie, gli ospiti sono a rischio. Le strutture sono al collasso. Eppure la Regione non fornisce i dati e si limita a dire che esiste un problema. Forse possiamo cominciare a dare nomi e cognomi ai problemi? Cirio e Icardi per cominciare? E i nostri amministratori, tanto attivi in questi giorni, come intendono difendere i cittadini che vengono prima degli interessi di parte e di partito?”
La Corte costituzionale ha stabilito che il processo per la strage di Quargnento non avrà rito abbreviato e non ci saranno sconti di pena per i coniugi Vincenti e Patrucco se giudicati colpevoli.
La Corte Costituzionale, con la sentenza sulle questioni sollevate dal Tribunale, ritiene fondate le questioni sull’inapplicabilità del giudizio abbreviato ai reati punibili con la pena dell’ergastolo.
La decisione della Corte è importante perché liquida definitivamente il rischio del rito abbreviato e gli sconti di penna per il processo della strage in cui furono uccisi tre Vigili del Fuoco a Quargnento.
I coniugi Gianni Vincenzi e Antonella Patrucco nel processo sono inputati per omicidio volontario e proseguirà in Corte di Assise con rito ordinario.
La decisione della Corte, sicuramente non restituirà le vittime alle loro famiglie, ma renderà loro giustizia per una morte assurda e non commentabile dei tre Vigili nel cascinale di Quargnento.
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ASTI E IL SUO PALIO-LA CORSA PER LA CONQUISTA DEL DRAPPO.
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