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NEW YORK. EMERGENZA CORONAVIRUS. LA CURA SELETTIVA CHE ESCLUDE I DISABILI E GLI INCAPIENTI.

Negli Usa disabili sono stati esclusi dalle cure contro il coronavirus.

Gli Stati Uniti in pochi giorni sono diventati il primo paese per numero di infettati da “coronavirus” e per numero di decessi ha già superato la Cina. La pandemia di Coronavirus, però continua a espandersi negli USA con oltre 70.000 contagiati, ma in questo quadro già drammatico si inserisce la discriminazione nei confronti dei disabili che sono stati esclusi dalle cure anticoronavirus.

La sanità privata degli USA, ricordiamo che quel poco che era stato fatto in favore del servizio sanitario pubblico da Obama è stato azzerato dall’amministrazione Trump, gli ospedali che dovranno farsi carico di ricevere i pazienti con difficoltà respiratorie non sono in grado di sostenere e gestire l’emergenza, fatto che comporta gravi discriminazioni nei confronti di disabili o di candidati che hanno meno possibilità di sopravvivere.

A rivelare lo scandaloso comportamento della sanità americana è stata la scoperta di un documento in Alabama dal titolo “Scarce resource management” che coinvolge 35 stati in cui sono stati resi noti i criteri con cui decidere chi ha diritto ad essere curato e chi invece può essere lasciato morire: “la tendenza sembra essere quella di escludere chi soffre di disturbi intellettivi o fisici, come i disabili, o chi ha “meno valore per la società”, “disabili psichici sono candidati improbabili per il supporto alla respirazione”.

Le linee guida sono le stesse dello stato di Washington, in cui sono stati isolati i primi casi di Coronavirus, dove vengono evidenziate le discriminanti quali la “capacità cognitiva”, in Maryland o Pennsylvania in cui si ipotizzano caratteristiche come “disturbo neurologico grave”, che comporterebbero l’esclusione dalla terapia intensiva in caso di mancanza di posti.

Le associazioni che si occupano della difesa dei diritti dei disabili si sono allarmate: Disability Rights Washington, Self-Advocates in Leadership, The Arc of the United States hanno già fatto causa allo Stato di Washington per impedire l’entrata in vigore dei criteri per l’accesso alle cure salvavita.

Altre organizzazioni umanitarie si sono appellate al governo federale perché imponga alle amministrazioni locali e agli ospedali il principio che i disabili non possono essere discriminati e che alcune vite non valgono più di altre.

Ari Ne’eman, docente al Lurie Institute for Disability Policy dell’Università di Brandeis e attivista in 23 marzo ha pubblicato sul New York Times un commento dal titolo “I Will Not Apologize for My Needs” (non mi scuserò per i miei bisogni) in cui denuncia la situazione in cui potrebbero trovarsi i disabili e afferma che anche durante un’emergenza i dottori non devono sospendere il principio di non discriminazione: “Le persone affette da disabilità sono terrorizzate che se le risorse si fanno scarse, verranno inviati in fondo alla fila. E hanno ragione, perché molti Stati lo affermano in modo abbastanza esplicito nei loro criteri”.

L’America delle opportunità che strumentalizza e discrimina le persone affette da disabilità, mentre gli Stati regolano sui criteri di accesso con l’esclusione dei disabili al diritto alle cure, sembra che la gestione della sanità voglia imporre una pressione inaudita al disabili con la richiesta, una “golden rule” è stata definita, al paziente se, in caso di scarsità di strumenti salvavita, vuole avervi accesso o lasciare la precedenza a chi potrebbe avere più possibilità di sopravvivere. O addirittura “maggiore valore per la società”.