ALESSANDRIA

ALESSANDRIA. EMERGENZA CORONAVIRUS, INDUSTRIALI IN DIREZIONE OSTINATA E CONTRARIA: "NO ALLO STOP DELLE FABBRICHE".

CONFINDUSTRIA: NO AL BLOCCO DELLE ATTIVITA’ PRODUTTIVE, LA SALUTE DEI LAVORATORI VALE MENO DEI PROFITTI REALIZZATI DALLE INDUSTRIE.

Lo stop alle attività produttive ha fatto esplodere le contraddizioni nel mondo produttivo con gli industriali schierati contro la richiesta dei medici lombardi di chiudere per un breve periodo tutte le attività non essenziali e strategiche per il paese. Ma alla richiesta dei medici della Lombardia è stata contrapposta la grande preoccupazione degli industriali, dal Piemonte alla Lombardia, Toscana, Veneto e Friuli, per la possibile chiusura delle fabbriche.

Confindustria si è espressa con un secco No al blocco delle attività attività produttive.

I medici della Lombardia attraverso la Federazione regionale degli Ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri hanno chiesto di: “Chiudere subito attività non essenziali. Allo stato attuale delle cose, almeno per quanto riguarda tutto il territorio lombardo, l’unica scelta ragionevole è la chiusura immediata di tutte le attività considerate non essenziali per la gestione dell’epidemia in atto, ribadendo l’obbligo di trattenersi al proprio domicilio con la sola eccezione delle attività assolutamente necessarie e motivate”.

L’Ordine dei medici lombardi: “esprime grave preoccupazione per l’evoluzione dell’epidemia da nuovo Coronavirus. I dati dei contagiati esprimono quanto accertato tramite tampone, ma non considerano la reale diffusione dei contatti e neppure considerano numerosi i pazienti trattati a domicilio per polmonite interstiziale: le dimensioni del fenomeno sono purtroppo molto probabilmente più ampie. L’utilizzo, specie sul territorio, di personale medico privo delle adeguate protezioni individuali ha sicuramente contribuito a diffondere il contagio, oltre a determinare gravissime conseguenze per la salute degli operatori”.

Dal mondo del lavoro è arrivato il No degli industriali, che in una dichiarazione a Adnkronos/Labitalia la presidente di Confindustria Udine, Anna Mareschi Danieli, ha dichiarato: “Non riesco a pensare alla chiusura delle fabbriche in una regione, che sia Lombardia o il Veneto, o anche in tutta Italia. Sarebbe qualcosa di drammatico. Serve più senso di responsabilità da parte di tutti i cittadini, seguire quelle che sono le direttive del governo, e allora l’esecutivo non sarà costretto a prenderne di più stringenti”.

La Danieli spiega che la chiusura delle attività produttive “in una regione o in tutta Italia andrebbe drammaticamente a discapito delle realtà interessate, e a vantaggio esclusivo dei competitor europei, che guadagnerebbero quote di mercato a nostro discapito; nel caso la chiusura deve essere a livello europeo”.

La presidente degli industriali di Udine spiega che eventuali misure più restrittive dell’esecutivo per fronteggiare l’emergenza potrebbero essere evitate “seguendo quelle che sono le regole attuali, sfruttando al massimo lo smart working quando possibile, non uscendo quando non necessario”.

Ma sottolinea, la presidente Danieli, se lo scenario dovesse aggravarsi e servissero misure più stringenti con la chiusura delle attività produttive “credo che si dovrebbe partire dai trasporti e da quei luoghi in cui ci sono più persone in spazi limitati”. “E ci dovrebbero essere comunque delle deroghe alla chiusura come per la produzione di prodotti agricoli, delle fabbriche dei medicinali, dei prodotti e sistemi sanitari, come è stato fatto in Cina. E poi sono ripartiti”.

Il presidente di Confindustria Lombardia, Marco Bonometti, si è dichiarato molto preoccupato di fronte alle crescente emergenza del coronavirus e afferma che ”è indispensabile la necessità di tenere aperte le aziende. Le imprese lombarde, fortemente orientate a continuare a garantire la continuità aziendale, si impegnano a rafforzare le proprie misure di prevenzione e contenimento della diffusione dell’epidemia in linea con le indicazioni dell’Istituto Superiore di Sanità”.

In una nota diramata: “Confindustria Lombardia comprende il momento di grave emergenza sanitaria che la nostra Regione sta attraversando e vuole contribuire concretamente, insieme a Regione Lombardia, nell’elaborazione di politiche che possano contenere l’espansione del contagio da Coronavirus”.

Il Consiglio di presidenza, riunito in via straordinaria, ha affermato che è “indispensabile la necessità di tenere aperte le aziende, dando continuità a tutte le attività produttive e alla libera circolazione delle merci, poiché interrompere oggi le filiere significherebbe perdere il mercato di appartenenza e chiudere imprese di territori a forte vocazione export vuol dire dare all’estero un segnale di mancata capacità produttiva difficile da recuperare nel breve periodo”.

Confindustria Toscana è orientata nella stessa direzione: “Anche con tutte le necessarie precauzioni per la tutela della salute dei lavoratori, le industrie del nostro territorio non si fermano, e non intendono fermarsi” come è stato dichiarato in una nota congiunta dai presidenti di Confindustria Firenze, Fabrizio Monsani, di Confindustria Toscana Sud Paolo Campinoti, di Confindustria Livorno Massa Carrara Alberto Ricci e dell’Unione industriale pisana Patrizia Pacini, riferendosi all’emergenza Coronavirus.

I presidenti toscani di Confindustria affermano che: “Le misure previste dal Governo sono necessarie per bloccare il contagio e condividiamo l’azione forte presa per tutelare la salute pubblica”. Le quattro associazioni Toscane hanno attivato un coordinamento per mettere a sistema in tempo reale competenze, informazioni e supporto tecnico che ciascuna task force delle Confindustrie firmatarie dell’appello sta fornendo da giorni alle imprese associate.

Monsani, Campinoti, Ricci e Pacini hanno dichiarato che in questo momento sono chiamate ad un grande sforzo organizzativo che stanno affrontando con grande coraggio e senso di responsabilità civica e sociale.

Confindustria nazionale si era opposta alla chiusura delle attività produttive: “Il giusto e necessario proposito di fronteggiare l’emergenza sanitaria  non può e non deve aggravare l’emergenza economica che sta già piegando l’intero sistema produttivo del Paese”.

Il No è sostenuto con forza anche dalle associazioni degli imprenditori del Veneto e del Piemonte.