ANNUNCI ECONOMICI

TORINO. FALSO MADE IN ITALY PER 500.000 EURO.

Torino, 18 ottobre 2018
LA GUARDIA DI FINANZA DI TORINO HA SEQUESTRATO
FALSI “MADE IN ITALY” PER UN VALORE DI
OLTRE 500.000 EURO.

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15.000 articoli di maglieria falsi, migliaia di etichette ed imballi pronti per il confezionamento dei capi di abbigliamento, il tutto per un valore di oltre 500.000 euro.
E’ il bilancio di un sequestro effettuato nei giorni scorsi dalla Guardia di Finanza di Torino in due market ubicati in Lombardia.
L’intervento dei Baschi Verdi del Gruppo Torino, nasce da un analogo sequestro di capi
contraffatti realizzato la scorsa settimana in uno store del Torinese, gestito da un
imprenditore cinese. I Finanzieri, al termine delle indagini, sono risaliti all’importatore della falsa merce, con depositi a Milano e in Agrate Brianza (MB), quest’ultimo ubicato all’interno di un noto centro commerciale.
Gli inquirenti, che per le analisi dei filati si sono avvalsi della collaborazione del laboratorio Chimico “BuzziLab di Prato, hanno appurato la non conformità di quanto indicato sulle etichette merceologiche.
I capi di abbigliamento, in sostanza, sono risultati composti di filato acrilico e non, come
indicato nelle etichette, con il tessuto di pregio denominato “LYCRA”, le cui caratteristiche di elasticità ad effetto “memoria” sono tutelate da un brevetto registrato.
Su quest’ultimo aspetto è bene ricordare che il marchio “LYCRA”, il cui brevetto è
riconducibile al diritto di privativa industriale della nota Azienda Multinazionale “Invista” con sede negli Stati Uniti, differenzia il proprio tessuto per delle caratteristiche ben definite che attribuisce allo stesso una nota di pregio rispetto ad altre fibre sintetiche.
Frode in commercio è l’accusa per l’imprenditore di origine cinese denunciato alla locale
Procura della Repubblica perdipiù sanzionato per oltre 5.000 euro. Come detto, 15.000 circa gli articoli di maglieria sequestrati oltre a migliaia di false etichette ed imballi pronti per l’illecito confezionamento, il tutto per un valore di oltre 500.000 euro.
Gli stessi imballi, tra l’altro, riportavano indicazioni e “claims” inequivocabilmente
riconducibili ad un origine italiana dei prodotti, di fatto, però, importati dalla Cina.